Non è una rivelazione di una notizia segreta o una provocazione, ma è ciò che è stabilito nel d.lgs. 186/2021 (Attuazione della direttiva (UE) 2019/1153 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che reca disposizioni per agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati) pubblicato in GU Serie Generale n.284 del 29-11-2021 – Suppl. Ordinario n. 40
Il citato decreto legislativo all’art. 3 (rubricato “Autorita’ nazionali competenti abilitate ad accedere al registro nazionale centralizzato dei conti bancari”) recita:
1. Ai fini del presente decreto, sono designati quali autorita’ nazionali competenti abilitate ad accedere al registro nazionale centralizzato dei conti bancari: ….; b) l’autorita’ giudiziaria e gli ufficiali di polizia giudiziaria delegati dal pubblico ministero; …. d) il Ministro dell’interno.
(Si badi bene: il “Ministro”, non il “Ministero“, sono soggetti giuridicamente distinti).
Cominciamo con ordine: cosa è il registro nazionale centralizzato dei conti bancari? E’ una sezione dell’anagrafe tributaria, denominata Archivio dei rapporti con gli operatori finanziari, un sistema a cui tutti gli operatori finanziari (banche, poste, ecc…) hanno l’obbligo di comunicare le informazioni sui saldi e sulle movimentazioni dei rapporti attivi dei clienti. Per avere un’idea delle informazioni che vengono trasmesse a tale sistema si può consultare il seguente documento:Specifiche tecniche Tracciato Unico – pdf.
Quindi tutti i nostri conti correnti, con tutti gli estremi, i saldi, i movimenti, sono registrati in tale archivio centrale, che può essere utilizzato per prevenire o reprimere reati gravi anche da istituzioni quali l’autorità giudiziaria o la polizia giudiziaria. E infatti la direttiva (UE) 2019/1153 (a cui dà attuazione il decreto legislativo) si propone di agevolare l’uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di reati gravi.
I reati a cui la direttiva fa riferimento sono di due tipi:
- reati presupposto associati: i reati di cui all’articolo 2, punto 1, della direttiva (UE) 2018/1673 (direttiva in materia di lotta al riciclaggio mediante il diritto penale);
- reati gravi: le forme di criminalità di cui all’allegato I del regolamento (UE) 2016/794 (criminalità organizzata, traffici illeciti transnazionali, terrorismo, ecc…).
La direttiva stabilisce che ogni Stato deve individuare le autorità che possono accedere a questo archivio centralizzato dei conti correnti per finalità di prevenzione e repressione dei reati di cui sopra.
E fin qua tutto chiaro. Ma perchè il Ministro dell’Interno? E’ questa la nota stonata di tutto il provvedimento. Infatti il Ministro dell’Interno è un’autorità politica, peraltro nemmeno scelta dagli elettori. Che possano avere accesso a informazioni così delicate autorità di prevenzione e repressione di reati ha un senso, ma che vi possa avere accesso un soggetto politico è totalmente estraneo ad ogni cultura democratica. Voglio sottolineare che nella norma è scritto “Ministro” e non “Ministero”, quest’ultimo inteso come struttura amministrativa.
Di seguito evidenzio alcune differenze tra un’autorità amministrativa o giudiziaria e un ministro:
- qualsiasi autorità amministrativa o giudiziaria è sottoposta a poteri di indagine o disciplinari di un soggetto superiore (spesso un superiore gerarchico o un collegio con poteri disciplinari), mentre il Ministro non è sottoposto al controllo di alcuno;
- qualsiasi autorità è soggetta al potere d’indagine della magistratura, per cui un funzionario può essere sottoposto a propria insaputa a indagini anche penetranti (intercettazioni, perquisizioni, sequestri, ecc…), mentre un Ministro non può essere sottoposto a sorpresa a nessuno dei suddetti atti e non può essere giudicato se non dopo l’autorizzazione del Parlamento.
Il potere attribuito dalla norma in questione è tipico solo delle peggiori dittature. Difatti il Ministro dell’Interno, visto che non è soggetto a nessun controllo nell’esercizio di questo potere di accesso ai conti correnti, potrebbe utilizzarlo per cercare di colpire un giornalista che ha sollevato un caso di corruzione, un avversario politico che esprime un voto contrario in Parlamento, un’associazione di attivisti che ha criticato le scelte governative. E questi esempi sono limitati al territorio nazionale, perchè potrebbe anche informare governi stranieri di tipo dittatoriale del fatto che alcuni soggetti italiani finanziano associazioni attive nel campo della difesa dei diritti umani e della libertà di espressione.
Gli esempi potrebbero continuare, ma non v’è chi non veda l’estrema pericolosità della scelta di attribuire a un’autorità politica il potere di accedere e controllare i conti correnti di tutti gli italiani, a prescindere da un provvedimento autorizzativo di un’autorità giudiziaria o comunque di un soggetto terzo, e senza nessun controllo (appunto perchè autorità politica di vertice).
Tale possibilità, infatti, non è contemplata dalla direttiva europea, e non si comprende con quale criterio e per quale motivo sia stata inserita nel decreto legislativo. Fino ad oggi il Ministro dell’Interno, insieme ad altre autorità, poteva avere accesso all’anagrafe tributaria solo previa motivata richiesta e autorizzazione formale del soggetto che gestisce l’anagrafe e solo per esigenze di prevenzione e repressione di determinati reati. Ora invece, seppur astrattamente collegata a tali esigenze, l’accesso è libero e non è previsto nessuno controllo nè preventivo nè successivo sulle modalità concrete d”esercizio del potere attribuito. Nel caso delle autorità amministrative o giudiziarie tale potere di controllo è insito nel fatto che sono sottoposti a controlli sia interni, sia esterni, soprattutto del potere giudiziario, mentre nel caso del Ministro, come detto, detti controlli che fungono da bilanciamento di un potere così penetrante, mancano totalmente, appunto per la natura politica della figura del Ministro dell’Interno.