Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Liguria, sentenza n. 222 del 15 dicembre 2021
Devono essere respinte le eccezioni dei convenuti in relazione alla mancanza di concretezza e attualità del danno, per mancanza di un previo tentativo di recupero delle somme presso i medici (c.d. ripetizione dell’indebito).
Se è vero che l’azione erariale può essere avviata solamente in presenza di un danno concreto e attuale (cfr., ex multis, Corte dei conti, Sez. III Giur. Centr. d’Ap., 19 settembre 2018, n. 355), i principi invocati dai convenuti rileverebbero nel caso di danno da omessa riscossione, poiché in tale caso è la perdita definitiva del diritto di credito a rendere il danno attuale e certo (Corte dei conti, Sez. I Giur. Centr. d’Ap., 12 novembre 2019, n. 246; Sez. III Giur. Centr. d’Ap., 27 novembre 2018, n. 436).
Tuttavia, nella presente fattispecie, il pregiudizio non deriva dalla mancata riscossione, bensì dall’indebita erogazione della maggiorazione oraria. In tale prospettiva, l’Amministrazione si trova già in una condizione di deminutio patrimonii rispetto a quella in cui si troverebbe se non fosse stata erogata la quota aggiuntiva. Il danno, dunque, si è verificato ed è diventato certo e attuale fin dal momento del pagamento (in tal senso già Corte dei conti, Sez. Giur. Liguria, 22 marzo 2021, n. 25).
Inoltre, in disparte ogni considerazione sull’escutibilità dei numerosi medici percipienti, il preteso recupero dell’erogazione aggiuntiva è meramente ipotetico e l’astratta recuperabilità non esclude l’esistenza del danno, almeno finché le somme non siano effettivamente recuperate (Sez. III Giur. Centr. d’Ap., 21 gennaio 2021, n. 22). La sussistenza del danno erariale verrebbe meno solamente in caso di recupero integrale di quanto indebitamente versato, ma nel caso in esame – salvo un’ipotetica nota interlocutoria inviata dall’A.S.L. ai medici in data 11 febbraio 2021, seccamente respinta dalla parte sindacale – non risulta che sia nemmeno stata avviata una vera e propria azione.
Inoltre il Collegio che la remunerazione variabile ha la funzione di motivare il lavoratore, incentivandolo nel tendere ai più alti livelli di professionalità e di rendimento. A tal fine, occorre, in primo luogo, che vengano definiti preventivamente obiettivi misurabili (in tal senso già Corte dei conti, Sez. I Giur. Centr. d’Ap., 25 gennaio 2021, n. 20), per guidare il lavoratore a orientare i propri sforzi verso la realizzazione dell’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione. Gli obiettivi e le progettualità al cui raggiungimento viene subordinata la remunerazione supplementare devono essere ragionevolmente “sfidanti”, nonché aggiuntivi rispetto alle normali mansioni e attinenti alle funzioni, in modo da creare un valore aggiunto per il datore di lavoro e giustificare l’ulteriore remunerazione. Devono, altresì, essere specifici e raggiungibili entro un periodo di tempo predeterminato, per consentirne la misurazione e non rimettere l’erogazione dei compensi al mero arbitrio di chi è chiamato a verificare la realizzazione dei progetti. Tali caratteristiche sono essenziali per assicurare una reale capacità incentivante degli obiettivi e della remunerazione variabile, che altrimenti possono rivelarsi inefficaci e tamquam non esset, tramutandosi in una integrazione indiretta del compenso fisso, in elusione delle procedure previste dall’ordinamento.