Consiglio di Stato, ordinanza n. 68 del 7 gennaio 2022
L’Antitrust sanzionava la Volkswagen Group Italia S.p.A. (VWItalia) e la Volkwagen Aktiengesellschaft (VWAG), irrogando in solido alle società una sanzione pecuniaria di € 5.000.000, per i profili di scorrettezza riguardanti la commercializzazione da parte delle società, a partire dal 2009, di veicoli diesel nei quali era stato installato un sistema di ricircolo del gas di scarico (un software) idoneo ad alterare la rilevazione dei livelli di emissione di ossidi di azoto (NOx) dei veicoli durante i test per il controllo delle emissioni inquinanti ai fini dell’omologazione. Inoltre, veniva contestata la diffusione di messaggi promozionali che, nonostante l’utilizzo del predetto strumento di alterazione, contenevano indicazioni circa l’attenzione delle società al livello delle emissioni inquinanti e la conformità dei suddetti veicoli ai parametri di legge relativi alle suddette emissioni.
La VWAG è stata sanzionata in Germania sulla base esclusiva di una previsione nazionale sulla “responsabilità amministrativa” delle persone giuridiche che non troverebbe fondamento normativo nella disciplina dell’Unione e che sanziona il mancato adempimento, da parte dei soggetti aventi posizione apicale all’interno della società, degli obblighi di supervisione e vigilanza volti a prevenire la commissione di illeciti da parte di altri soggetti riconducibili alla società stessa, a differenza di quanto operato dall’AGCM in Italia, mediante un provvedimento di applicazione della disciplina nazionale in materia di pratiche commerciali scorrette.
Per il complesso delle ragioni che precedono la Sezione ritiene, dunque, che le questioni prospettate siano tali da meritare il rinvio pregiudiziale alla CGUE, con la formulazione dei seguenti quesiti:
a) se le sanzioni irrogate in tema di pratiche commerciali scorrette, ai sensi della normativa interna attuativa della direttiva 2005/29/Ce, siano qualificabili alla stregua di sanzioni amministrative di natura penale;
b) se l’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vada interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente di confermare in sede processuale e rendere definitiva una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale nei confronti di una persona giuridica per condotte illecite che integrano pratiche commerciali scorrette, per le quali nel frattempo è stata pronunciata una condanna penale definitiva a suo carico in uno stato membro diverso, laddove la seconda condanna sia divenuta definitiva anteriormente al passaggio in giudicato dell’impugnativa giurisdizionale della prima sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale;
c) se la disciplina di cui alla Direttiva 2005/29, con particolare riferimento agli articoli 3 paragrafo 4 e 13 paragrafo 2 lett. e), possa giustificare una deroga al divieto di “ne bis in idem” stabilito dall’art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (successivamente incorporata nel Trattato sull’Unione Europea dall’ art. 6 TUE) e dell’art. 54 della convenzione di Schengen.