Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n 21 del 1 febbraio 2022
Ritiene questa Sezione, in consapevole dissenso con la avversa giurisprudenza sopra richiamata, che, come l’illuminante faro della Consulta suggerisce quale possibile, seppur non vincolante, lettura all’esegeta remittente, l’abrogazione dell’art. 7 della legge n. 97 del 2001 (che si riferiva ai soli delitti dei pubblici ufficiali contro la PA) lascia privo di effetto il rinvio ad esso operato da parte dell’art. 17, co. 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009: trattandosi, come detto, di rinvio mobile, abrogato l’art.7, n.97, il richiamo ad esso operato, e i connessi limiti al novero dei reati suscettibili di danno all’immagine, è venuto meno, con riespansione della giurisdizione contabile a perseguire qualsiasi reato (anche comune, direttamente o indirettamente dannoso) foriero di lesione alla reputazione della p.a.
Tra l’altro, questa lettura è anche costituzionalmente orientata in punto di ragionevolezza, in quanto, ove si ritesse la giurisdizione contabile sul danno all’immagine patito dalla p.a. limitata alle sole ipotesi di condotte da reato contro la p.a., ciò porrebbe una irragionevole discrasia, costituzionalmente illegittima, con la piena perseguibilità risarcitoria del danno all’immagine patito dalla p.a. innanzi all’a.g.o., che può invece ben vagliare in sede civile, senza i limiti normativi dell’art. 17, co. 30-ter, del d.l. n. 78 del 2009, qualsiasi forma di lesione reputazionale subìta dalla p.a., giungendo a condanna degli autori (come statuito da prevalente giurisprudenza: v. Cass., sez.pen., 29.8.2013 n.35729; id., sez.II pen., 13.6.2017 n.29480; id., sez.II, 20.6.2018 n. 41012; mentre secondo Cass., sez.II, 11.12.2020 n.35477 e id., sez.II, 12.3.2014 n. 14605 opererebbero i limiti dell’art.17, co.30-ter cit. anche per l’a.g.o.).
In ogni caso, anche seguendo, per mera ipotesi (qui non condivisa) l’avversa lettura tendente ad ammettere la perseguibilità del danno all’immagine solo a fronte dei reati contro la P.A. indicati dall’art.17, co.30-ter, d.l. n.78 del 2009, le conclusioni non muterebbero nel caso di specie in ordine alla azionabilità e fondatezza della pretesa attorea. Ed invero, come ben rimarcato da parte attrice, posto che per i convenuti è intervenuta sentenza di condanna per i reati di peculato ex art. 314 e di concussione 317 c.p. connessi e strumentali al coevo reato di violenza sessuale di gruppo, la lesione del danno all’immagine azionata è nel caso di specie ancorabile e causalmente legata anche a tali due gravi fattispecie di reato, tra l’altro (sul piano probatorio) parimenti oggetto di richiami espressi nelle testate giornalistiche indicate dalla Procura (doc.7 Procura).
A ciò aggiungasi che questa Corte ha già in passato affermato che il danno all’immagine sia contestabile anche a fronte di reato complesso, non rientrante nel “catalogo” dei delitti contro la p.a., di cui però il reato contro la P.A. sia elemento costitutivo o circostanza aggravante (C. conti, sez. Umbria, 4.2.2016 n.11, id. sez. Lombardia, 17.5.2021 n. 165). Tale approdo vale, ad avviso della Sezione e sviluppando ulteriormente tale indirizzo, per qualsiasi forma di concorso di reati comuni con quelli contro la p.a., qualora il legame tra gli stessi (nella specie un peculato ed una concussione sessuale intimamente legati ad una violenza di gruppo) si traduca in una unitaria o continuata azione delittuosa che nel suo insieme arrechi danno alla immagine della p.a.
Questi plurimi argomenti portano alla fondatezza della pretesa attorea sull’an del danno all’immagine arrecato alla Guardia di Finanza.
Di diverso avviso: http://iusmanagement.org/2021/10/21/la-violenza-sessuale-alle-pazienti-non-reca-nessun-danno-allimmagine-dellazienda-sanitaria/