Per ANAC il termine per l’inconferibilità decorre da quando l’ente ha notizia del provvedimento giudiziale, non dalla data del provvedimento stesso.

ANAC, delibera n 121 del 9 marzo 2022

Sulla durata dell’inconferibilità e sul dies a quo, connesse all’accertamento della ricorrenza dell’elemento oggettivo della preclusione in discorso, sono le tematiche concernenti la durata del divieto e il suo periodo di decorrenza.

Proprio quest’ultimo aspetto si presenta decisivo per il corretto inquadramento del caso in esame. Anzitutto, in merito al primo punto (durata dell’inconferibilità) si rileva che il richiamato articolo 3 del d.lgs. n. 39/2013, nelle ipotesi in cui non sia comminata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, come nel caso di specie, dispone che, fatto salvo il periodo massimo individuato in anni 5, la preclusione all’assunzione di specifici incarichi di responsabilità amministrativa sia parametrata alla pena inflitta, consistendo, specificatamente, nel suo doppio. Dunque applicando tale criterio al caso in esame, stante la durata della pena principale individuata dal giudice in omissis, può ritenersi che la durata dell’inconferibilità fosse pari a n. omissis mesi.
Punto controverso sembra essere, invece, quello concernente l’esatta individuazione del dies a quo del predetto periodo interdittivo. In linea generale, l’ANAC ha ritenuto che il momento in cui inizia a spirare il descritto tempo di preclusione coincida con la data del primo atto con cui l’amministrazione – presso cui presta servizio il dipendente condannato – manifesta la propria conoscenza della sentenza di condanna. È, infatti, da tale momento che l’ente è, ragionevolmente, tenuto ad attivarsi per verificare la sussistenza dell’ipotesi di inconferibilità di cui all’art. 3 e per adottare i relativi atti consequenziali (sul punto si rinvia alla delibera ANAC n. 159/2019 e al par. n. 8 della delibera n. 1201/2019).

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