Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, sentenza n 64 del 23 marzo 2022
Premette la Procura che l’indagine ha preso l’avvio dalla segnalazione pervenuta dal Nucleo Antisofisticazioni e Sanità dei Carabinieri, avente ad oggetto l’attività libero professionale non autorizzata svolta dal convenuto, medico dipendente a rapporto esclusivo dell’AULSS presso un presidio ospedaliero. L’attività professionale non autorizzata è stata svolta dal medico dal 1.2.2014 al 3.5.2018 presso il Poliambulatorio privato …, successivamente, cioè, alla scadenza della convenzione che in precedenza l’ULSS aveva stipulato ex DPCM 27 marzo 2000 con la predetta struttura e nella vigenza della quale lo stesso convenuto aveva prestato legittimamente la propria attività libero professionale nel medesimo Poliambulatorio.
Ricostruito il quadro normativo di riferimento, la Procura evidenziava che l’avere optato per l’esercizio della libera professione intramuraria e l’assoggettamento al rapporto di esclusiva comporta per il medico una duplice conseguenza: l’incompatibilità con lo svolgimento di attività libero professionale (art. 1, c.5, legge n. 662/1996) e l’attribuzione di un trattamento economico aggiuntivo, quale corrispettivo per la limitazione di tale attività (art. 1, c. 12, legge 662/1996).
Il Collegio, richiamato quanto previsto dal delineato quadro normativo in punto di determinazione del danno erariale, osserva che, correttamente, la Procura ha determinato la misura del danno negli emolumenti liquidati al convenuto nel periodo considerato (1.2.2014/13.5.2018) a titolo di indennità di esclusività, come risulta dalla nota dell’AULSS, non oggetto di specifica contestazione da parte del convenuto in punto di modalità di calcolo. In base a detti calcoli l’ammontare delle indennità percepite è pari ad euro 32.409,81.
Ritiene tuttavia il Collegio che tale somma possa essere equitativamente ridotta ad euro 25.000,00 tenendo conto da un lato del comportamento del convenuto che, a seguito delle contestazioni da parte dell’Azienda ha immediatamente interrotto la collaborazione con la struttura privata e provvedendo a riversare all’Azienda l’ammontare dei compensi percepiti per l’attività non autorizzata, e, dall’altro, il fatto che, comunque, l’attività non consentita è stata, in concreto, svolta in misura piuttosto ridotta (28 visite in 4 anni).