Il danno alla concorrenza può essere liquidato in base al ribasso medio di appalti analoghi

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per l’Umbria, sentenza n 11 del 21 marzo 2022

Un Comune tra il 2007 e il 2019 ha affidato il servizio di “Pensione per cani” , con affido diretto e una serie di proroghe, ad una ditta locale di proprietà della moglie di un dipendente , e ha pagato per tutti questi anni euro 3.177.112,60.
La Procura locale chiedeva la condanna di amministratori e dirigente per danno alla concorrenza, nella misura di euro 148.990,39. Il danno è stato individuato attraverso un criterio equitativo fondato sul ribasso medio praticato in operazioni similari.
Il Collegio ha accolto la domanda, in particolare stabilendo che il dirigente, per escludere la propria colpa grave, non può addurre di aver segnalato le criticità all’organo di vertice amministrativo, dovendo assumere i concreti provvedimenti previsti dalla normativa.
In relazione al pregiudizio arrecato alla finanza pubblica, non si tratta di un danno in re ipsa, in quanto esso emerge dal confronto con gare e procedure similari; dall’indagine effettuata dalla Guardia di finanza emerge un valore medio del ribasso del 12,09% (pari ad euro 148.990,39) che può essere correttamente considerato criterio al quale ancorare la liquidazione equitativa del danno alla concorrenza

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