Il termine per impugnare decorre dalla data di pubblicazione sul sito, anche se non si è destinatari del provvedimento

Consiglio di Stato, sentenza n 2261 del 28 marzo 2022


Il Consorzio X – titolare, quale mandataria del RTI del lotto n. 4 della convenzione CONSIP relativa all’affidamento dei servizi di pulizia, sanificazione e altri servizi in favore degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – ha contestato con il ricorso di primo grado la legittimità dell’adesione dell’A.S.S.T. alla convenzione ….lotto 1, di cui è titolare la società Yl
Il T.A.R. in primo grado ha affermato “l’irrilevanza, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione, della pubblicazione del provvedimento impugnato sul sito istituzionale dell’Azienda Sanitaria, a cui non è correlato per legge un effetto di pubblicità legale. A ciò si aggiunga che il Consorzio ricorrente, essendo titolare di convenzione nazionale relativa al medesimo servizio oggetto dell’atto di adesione impugnato ed essendo facilmente individuabile dall’Azienda Sanitaria resistente secondo canoni di normale diligenza, avrebbe dovuto diritto a ricevere la notifica individuale dell’atto impugnato, in quanto soggetto controinteressato”.
Il Collegio ha ritenuto fondato il ricorso in riforma della decisione di primo grado.
Negli scritti difensivi vengono operati dei richiami alla sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 12/2020, che ha risolto il problema della decorrenza del termine per impugnare in relazione alla pubblicazione del provvedimento sul sito del committente con riguardo al criterio della conoscibilità dei vizi, rimarcando l’onere di consultazione del sito da parte dei partecipanti alla gara.
Ciò che connota la fattispecie dedotta nel presente giudizio è la natura del provvedimento impugnato: che non è l’atto terminale di un procedimento di evidenza pubblica che abbia visto la partecipazione di più imprese (e, dunque, anche di quelle che si ritengano illegittimamente escluse o pretermesse), ma un atto di adesione a convenzione.
Ciò implica, per un verso, che – applicando il criterio indicato dall’Adunanza Plenaria – la sua lesività e la conoscibilità dei vizi poi denunciati fossero in re ipsa.
Per altro verso, si potrebbe declinare diversamente l’onere di consultazione del sito: nella logica della Plenaria tale onere trova la sua fonte nella partecipazione dell’impresa terza alla gara, che qui (apparentemente) non sussisterebbe.
Le parti dibattono inoltre in merito alla qualificabilità o meno come “aggiudicazione” del provvedimento impugnato.
La questione è irrilevante, ai fini del decidere, se riferita alla natura giuridica in quanto tale (sul piano formale).
È opinione pacifica nella successiva giurisprudenza la conclusione per cui “in applicazione dei principi stabiliti dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 2 luglio 2020, n. 12 (…..) ai sensi dell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. il termine per impugnare gli atti delle procedure di affidamento di contratti pubblici decorre dalla pubblicazione completa di questi sul sito istituzionale dell’amministrazione aggiudicatrice, nelle forme previste dal sopra citato art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016” (sez. V, sentenza n. 3466/2021).
Il principio travalica evidentemente il concetto di “aggiudicazione”, facendo giustamente riferimento alla nozione di “affidamento” in quanto tale.

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