In tema di abuso d’ufficio, l’ingiustizia del danno non può essere desunta implicitamente dall’illegittimità della condotta

Corte di Cassazione, sesta Sezione Penale, sentenza n 9654 dep il 21 marzo 2022


Le condotte ascritte agli imputati sono state attuate nelle rispettive qualità di dirigenti e/o funzionari della X e attengono all’affidamento diretto e in assenza di procedura di gara di un contratto per il rifornimento dei mezzi destinati al servizio di trasporto pubblico, nonché di diversi contratti per l’acquisizione di pezzi di ricambio e per la esecuzione di lavori di manutenzione e riparazione dei predetti mezzi


Dalla mancata adozione di procedure di gara ad evidenza pubblica, imposta dalla legge in ragione degli importi monetari dei singoli appalti, sia il Tribunale che la Corte di appello hanno ipso facto inferito la violazione dell’art. 323 cod. pen. e dei parametri normativi integrativi variamente individuati, ma tale approccio ha impedito, a parere del Collegio, un’approfondita valutazione delle ragioni poste a base delle singole delibere prese in esame, tanto più necessaria in quanto adottate nel contesto di un’attività istituzionale svolgentesi entro la cornice specifica dell’ente pubblico economico, operante parzialmente in regime di libero mercato e con le forme proprie dell’impresa privata, al fine di verificare con sufficiente precisione la ricorrenza del profilo della cd. doppia ingiustizia delle condotte in addebito.

La giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha del resto affermato l’ulteriore principio che in tema di abuso d’ufficio, l’ingiustizia del danno non può essere desunta implicitamente dall’illegittimità della condotta, poiché detto requisito presuppone l’autonoma valutazione degli elementi costitutivi del reato (Sez. 6, n. 58412 del 25/09/2018, Iorio, Rv. 275642). Nel caso in esame, dalla violazione di regole in tema di affidamento del contratto o di corretta ed equilibrata gestione aziendale (elevato prezzo unitario praticato dal fornitore) si è fatta discendere ipso facto la prova del danno all’ente economico, che aveva, tuttavia, l’obiettiva necessità di espletare in maniera apprezzabilmente efficiente un servizio conferitogli in via aggiuntiva dalla capofila del consorzio regionale.

Né si può evidentemente ritenere che la prova del danno possa essere fornita dal raggiungimento da parte della nuova dirigenza della X di consistenti obiettivi di risparmio finanziario, come attestato dalla notevole riduzione delle spese di esercizio per 700.00,00 euro che il nuovo dirigente ha rivendicato, anche soltanto con riferimento alla voce “manutenzione ed acquisto dei pezzi di ricambio”. Una cosa è, infatti, censurare, anche in maniera fondata, l’operato dei dirigenti di un ente pubblico economico sotto il profilo dello scarso rispetto dell’equilibrio economico-finanziario, mentre altra cosa è ritenere che automaticamente esso si trasformi in una violazione del precetto penale di cui all’art. 323 cod. pen. Dall’impossibilità di configurare il delitto di abuso di ufficio nella condotta contestata al capo A discende, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata

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