La parte lesa, pure autrice di un esposto, è legittimata a richiedere l’accesso agli atti del relativo procedimento disciplinare

Consiglio di Stato, sentenza n. 1121 del 15 febbraio 2022

A giudizio del Collegio non può essere revocata in dubbio la legittimazione della parte lesa di un comportamento (almeno in potenza) disciplinarmente rilevante, oltretutto autrice di un esposto che ha dato corso al procedimento in questione, a promuovere l’ostensione degli atti del relativo procedimento, avendo ad essi un interesse qualificato, nella specie correttamente perimetrato dal giudice di prime cure che ne ha evidenziato i tratti qualificanti della rilevanza e della specificità siccome correlato alla qualità di esponente del ricorrente, corroborata dagli “ulteriori elementi” che collegano gli episodi oggetto del procedimento disciplinare alla sua vita privata e familiare, alla luce dei quali l’esigenza conoscitiva permane pur dopo la conclusione del procedimento disciplinare, anche al fine d’instaurare eventuali contenziosi a tutela dei propri diritti e interessi (come indicato anche nell’istanza del 04.02.2021, doc. 2 di parte attrice).

Né è possibile validamente opporre nel caso qui in rilievo la rilevanza preminente di interessi antagonisti alla riservatezza in ragione del preteso coinvolgimento di dati sensibili e giudiziari.

Com’è noto, in presenza dei necessari presupposti di legittimazione ed interesse, tutti i documenti amministrativi sono accessibili ad eccezione di quelli indicati all’art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6″, con la precisazione di cui al successivo art. 24, comma 7, a mente del quale ” Deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.

Sul punto, questa Sezione in una vicenda analoga ha già avuto modo di evidenziare che “né l’art. 58 della legge 247/2012, né l’art. 12, n. 2, del regolamento CNF 2/2014, affermano un’esclusione del diritto di accesso, in quanto la natura riservata degli atti del procedimento disciplinare (genericamente affermata dalla norma regolamentare) potrebbe comportare soltanto una più restrittiva valutazione in concreto della legittimazione e delle modalità di accesso” soggiungendo che “una limitazione del diritto di accesso potrebbe giustificarsi soltanto in relazione alle specifiche eccezioni individuate dall’ultimo periodo dell’art. 24, comma 7, cit., e quindi alla riservatezza di dati del professionista qualificabili come sensibili ovvero sensibilissimi, ipotesi che in concreto non si verifica” (cfr. Cons. St., Sez. III, n. 5004 del 30.10.2017).

Nel caso di specie, la parte nella propria istanza ha, peraltro, paventato l’intenzione di introdurre, previa verifica dei relativi presupposti, azioni a tutela della propria onorabilità e a ristoro di danni morali e reputazionali.

E rispetto a tale intenzioni non può di certo ritenersi superflua la conoscenza dei dati di cui l’avv. -OMISSIS– rivendica l’ostensione ben potendo orientare le ulteriori iniziative di difesa dei propri interessi che tale parte potrebbe muovere sia rafforzando i suoi propositi di tutela sia anche nel senso diametralmente opposto di indurlo a recedere da tali propositi con esito, dunque, finanche deflattivo di eventuali giudizi.

Sul punto, e indipendentemente dalla già evidenziata non predicabilità di un sindacato anticipato sulle possibili strategie difensive del soggetto istante, è, infatti, sufficiente evidenziare come la conoscenza dei dati in questione consentirebbe alla parte di acquisire, anzitutto, il punto di vista dell’incolpato sui fatti e sui rapporti con l’esponente consentendogli dunque di valutare anche da tale prospettiva gli addebiti mossi e fatti oggetto di denuncia.

Lo stesso è a dirsi anche rispetto agli altri atti non ostesi, tra cui la relazione del vice Presidente dell’organo di disciplina, la cui ricostruzione parimenti potrebbe orientare le future iniziative del ricorrente a tutela dei propri interessi onde valutare, alla stregua di tali considerazioni, la robustezza delle accuse mosse

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