Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale di Appello, sentenza n 152 del 4 aprile 2022
Rilevava la Procura che dalle indagini era emerso un inappropriato utilizzo della quota in acconto (pari ad euro 1.000.000,00) del finanziamento stanziato dalla Regione per la realizzazione di un Centro regionale polivalente a servizio dei migranti, che l’IPAB aveva ricevuto in comodato dal Comune insieme ad una parte dei terreni adiacenti.
Veniva, infatti, accertato che, dell’acconto erogato, soltanto euro 401.581,25 erano stati effettivamente utilizzati per i lavori di riqualificazione dell’ex colonia, mentre la restante parte (euro 598.418,75) veniva destinata dall’IPAB alla copertura di “spese correnti” e, quindi, a finalità diverse da quelle per le quali era stato concesso il finanziamento.
Orbene, se è vero che, come sostenuto dall’appellante l’IPAB poteva legittimamente utilizzare la parte di finanziamento destinato al saldo dei lavori, alla copertura della spesa corrente urgente – quale senz’altro poteva considerarsi il pagamento degli stipendi del 2013 – tuttavia è pur vero che, come puntualmente rilevato dal Giudice di primo grado, per adottare tale decisione, il X avrebbe dovuto acquisire, quanto meno, la preventiva autorizzazione del Consiglio di Amministrazione, quale organo di amministrazione dell’Istituto, oltre a dover seguire la relativa legittima procedura contabile.
Dagli atti del giudizio risulta, invece, non solo che non è stata preventivamente acquisita alcuna autorizzazione, ma anche che le procedure contabili non o rispettate, tant’è che sono emerse difficoltà nell’effettuare i riscontri in merito alla situazione contabile delle entrate costituite dal finanziamento e delle spese conseguenti.
L’appellato, inoltre, avrebbe anche dovuto provvedere ad un rapido reintegro delle somme utilizzate così come richiesto dalla citata norma, attività della quale non si è affatto preoccupato. Né può valere, quale esimente della responsabilità, la circostanza che il X abbia lasciato l’IPAB nel mese di gennaio 2014, atteso che proprio il mancato rispetto delle regole procedurali e contabili hanno reso la contabilità particolarmente confusa e disordinata anche ai suoi successori.
E’, altresì, evidente che lo sviamento dei finanziamenti vincolati ad altra finalità (copertura delle spese correnti) ed il successivo mancato reintegro degli stessi non si sarebbero potuti realizzare se anche altri soggetti, interni all’IPAB (il Responsabile dell’Ufficio finanziario e il Direttore generale) o ad essa legati da specifici obblighi di verifica e controllo della contabilità (il Tesoriere ed il Revisore dei conti), avessero svolto il proprio ruolo con la diligenza ad essi richiesta, stante i ruoli rivestiti e se fossero stai, quanto meno, osservanti del principio del buon andamento dell’azione amministrativa.
Tuttavia, come sopra ampiamente esposto, in accoglimento parziale dei motivi di doglianza dell’appellato ed in parziale riforma di quanto statuito con la sentenza n.439/2020, stante la ritenuta partecipazione, alla produzione del danno di cui è causa, di altri soggetti mai convenuti in giudizio (Responsabile Ufficio finanziario dell’IPAB, Segretario generale dell’IPAB, vice Presidente dell’IPAB, Revisore dei conti e Banca tesoriera) ed in applicazione dall’art.83, comma 2, c.g.c., questo Collegio ritiene che il X debba essere chiamato a rispondere del danno erariale, non più per l’intera somma (euro 1.000.000,00), ma solo nella misura del 15% (euro 150.000,00),