Corte di Cassazione, sentenza n 18137 del 6 giugno 2022
Ai fini della esenzione Tarsu, occorre accertare non solo che i locali appartengano ad una comunità religiosa, quale che sia il culto da essa esercitato purché non contrario ai principi fondamentali dell’ordinamento, ma anche che nei locali per i quali è richiesta l’esenzione la comunità si riunisca per esercitare il culto e non ad altri fini. Detta verifica deve eseguirsi in concreto e non in astratto e pertanto non è sufficiente la classificazione catastale dei locali come edifici destinati al culto, né si può presumere che tutti i locali così classificati siano effettivamente destinati al culto.
Anche il Regolamento del Comune mette in evidenza la necessità della sussistenza del requisito in concreto, laddove parla di “edifici adibiti al culto” e non di edifici classificati come destinati al culto e di locali “strettamente connessi all’attività del culto stesso”. La norma regolamentare, inoltre, deve essere interpretata in termini coerenti con la norma primaria, nonché con i principi posti dalla Direttive UE. E’ allora necessario che si accerti se effettivamente la parte contribuente abbia dichiarato che i locali sono destinati al culto nella denuncia originaria o in quella di variazione, e che tale effettiva destinazione sia stata debitamente riscontrata in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione; con la precisazione che la mancanza del primo di questi requisiti e cioè la denuncia o la variazione non è emendabile in giudizio, mentre in caso di contestazione lo è il secondo requisito e cioè la prova della effettiva destinazione dei locali (Cass. 2125/2017; Cass. 21011/2021; Cass. 14037/2019; Cass. 31460/2019).