Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Sicilia, sentenza n. 575 del 1 luglio 2022
La domanda attorea contestava una fattispecie di danno indiretto derivante dal pagamento della predetta somma da parte dello I.A.C.P. in esecuzione della sentenza di condanna del Giudice del lavoro, a cui l’Istituto aveva fatto acquiescenza in secondo grado sottoscrivendo un verbale di conciliazione giudiziale. Nella suddetta sentenza il Giudice aveva ritenuto nulla la clausola di durata annuale del contratto di incarico dirigenziale ex art. 19, co. 6, D.lgs. 165/2001 attribuito al dipendente interno non dirigente, in quanto inferiore alla durata minima triennale prevista dall art. 19, co. 2, Dl.gs. 165/2001 per gli incarichi dirigenziali, riconoscendo tutte le differenze retributive per il periodo dalla scadenza del contratto alla fine del suddetto triennio.
La violazione è stata reiterata con la successiva delibera n. 2/12 del 16/01/2012, che ha respinto la domanda amministrativa del dott. X di estensione triennale della durata dell’incarico dirigenziale del 2011.
Tale diniego è stato basato sul parere fornito dall avv. Y del 21/12/2011 il quale si era espresso sulla inapplicabilità nell ordinamento regionale siciliano dell art. 19 D.lgs. 165/2001 pur evidenziando che, in applicazione delle circolari regionali e della giurisprudenza contabile sul tema che avevano ritenuto illegittima l’attribuzione di compiti dirigenziali ai funzionari interni degli Enti vigilati dalla Regione Siciliana. Tale parere era fatto proprio nella relazione del direttore generale del 16/01/2012.
Da entrambe le delibere emerge, quindi, sia la palese non corretta applicazione della disciplina di riferimento sulla durata minima dell’incarico dirigenziale anche alla luce dei già intervenuti pronunciamenti del Giudice delle leggi e della sopravvenuta entrata in vigore dell art. 40 del D.lgs. 150/2009 di modifica dell art. 19 del D.lgs. 165/2001 rispetto al regolamento interno del 2008 sia un sistema reiterato di attribuzione interinale di incarichi dirigenziali in assenza di una programmazione del fabbisogno del personale e dell avvio delle procedure per il reclutamento ordinario dei dirigenti dell Istituto per come previsto in via prioritaria dallo stesso vigente regolamento interno. I convenuti dell odierno giudizio nel partecipare con contributo favorevole all adozione delle suddette due delibere hanno posto in essere, quindi, una condotta illecita connotata da colpa grave.
Il Collegio, stante il carattere macroscopico delle suddette illiceità e la loro reiterazione nonostante la contestazione del dott. X in sede amministrativa, ritiene che tali condotte siano ascrivibili a tutti i convenuti a titolo di colpa grave in quanto caratterizzate da inescusabile negligenza funzionale.
Con riferimento al parere del 28/07/2011 reso dall avv. Y questo Collegio condivide le deduzioni della Procura sul fatto che esso non ha alcun effetto scriminante sulle condotte illecite degli odierni convenuti in quanto proveniente da un soggetto privato esterno all’Istituto cui l’ordinamento non assegna l’esercizio di funzioni consultive neutrali. Questo Giudice avrebbe potuto addivenire a conclusioni diverse se lo I.A.C.P. si fosse rivolto ad organi della P.A. a ciò preposti, per esempio all’Ufficio Legislativo legale (ULL) regionale vigilante o alla funzione consultiva di questa Corte in materia di contabilità pubblica ai cui pareri resi valore scriminante della responsabilità (Cfr. art. 69, co. 2 e art. 95, co. 4, del c.g.c.).
A ciò si aggiunge che nel caso di problematiche giuridiche su cui la giurisprudenza ha maturato un indirizzo chiaro il ricorso ripetuto a pareri di un legale esterno, oltre che non necessario e senza alcun effetto scriminante sulla responsabilità amministrativa, si appalesa inutile e, quindi, fonte di danno erariale per la P.A. che lo richiede (Cfr. C. conti, ex multis, Sez. II App., n. 320/2019).