La falsa dichiarazione è irrilevante se non incide nell’indebita percezione del reddito di cittadinanza

Corte di Cassazione, sentenza n 29910 dep 27 luglio 2022

Il collegio non ignora la giurisprudenza della Corte, sinora prevalente, secondo cui il delitto di cui l’art. 7, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla I. 28 marzo 2019, n. 26, è integrato per il solo fatto che il richiedente la misura di sostegno fornisca false indicazioni od ometta di rendere informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del c.d. “reddito di cittadinanza” (RdC), e ciò indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio (Sez. 3, n. 5289 del 25/10/2019, dep. 2020, Sacco, Rv. 278573 – 01, cui hanno fatto seguito altre decisioni non massimate: Sez. 2, n. 2402 del 5/11/2020, dep. 2021, Giudice; Sez. 3, n. 33808 del 21/4/2021, Casà; Sez. 3, n. 5309 del 24/9/2021, dep. 2021, Tuono).

Ritiene, invece, il collegio che la struttura del fatto tipico, come delineata dalla norma incriminatrice con particolare riguardo alla specificazione dell’elemento soggettivo, conducono ad escludere rilevanza penale alle condotte commissive o omissive poste in essere dal richiedente l’accesso alla misura di sostegno del reddito quando manchi il collegamento funzionale tra quelle condotte e il risultato dell’indebita percezione della misura.
La finalizzazione della condotta non può ridursi alla verifica dell’atteggiamento psicologico tenuto dal soggetto agente, indipendentemente dall’idoneità della condotta nel perseguire l’obiettivo descritto dalla norma (id est, l’indebito ottenimento della prestazione), risultando più aderente ad una concezione del principio di offensività coerente con i canoni costituzionali (Corte cost. n. 360 del 24/7/1995; n. 263 dell’11/7/2000; n. 519 del 21/11/2000) la lettura della fattispecie incriminatrice in termini di reato di pericolo concreto, dovendosi apprezzare la capacità della condotta nell’incidere sulla rappresentazione, falsata e astrattamente idonea ad attribuire all’agente il possesso di requisiti mancanti per fruire della misura in esame (come già affermato da Sez. 3, n. 44366 del 15/09/2021, Gulino, Rv. 282336 – 01, secondo la quale le false indicazioni dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del “reddito di cittadinanza” o le omissioni, anche parziali, di informazioni dovute, rilevano solo ove strumentali al conseguimento del beneficio, cui altrimenti non si avrebbe diritto).

La rilevanza del nesso funzionale tra le condotte lato sensu fraudolente e l’effettiva indebita percezione del contributo economico trova conferma anche nel sistema dei controlli e delle verifiche delle istanze di accesso alla misura, atteso che l’obbligo di trasmissione all’autorità giudiziaria della documentazione amministrativa contenente i risultati delle verifiche condotte, posto a carico dei soggetti pubblici cui è affidata tale attività di vigilanza (Comuni, INPS, Agenzia delle Entrate, Ispettorato nazionale del lavoro), è previsto per le ipotesi in cui dalle dichiarazioni mendaci accertate sia derivato il “conseguente accertato illegittimo godimento del Rdc” (art. 7, comma 14, I. 26/2019, cit.); il che porta ad escludere che le condotte con cui si rappresenti una situazione difforme da quella reale, senza però incidere sul possesso effettivo dei requisiti richiesti per accedere alla misura di sostegno economico, siano considerate dal legislatore passibili di sanzione penale

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