Corte dei Conti, Seconda Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 328 del 1 agosto 2022
Questa Sezione di appello ha già avuto modo di rilevare, in occasione di altro giudizio vertente su analoga fattispecie (sent. n. 361/2019), che la non conformità dell’azione amministrativa alle puntuali prescrizioni che ne regolano lo svolgimento, pur non essendo idonea a generare, ex se, una responsabilità amministrativa in capo all’agente, può assumere rilevanza allorché quegli atti integrino una condotta almeno gravemente colposa, foriera di un nocumento economico per l’Amministrazione.
Ebbene, ciò porta il Collegio a ritenere che la violazione della vincolante prescrizione in occasione del conferimento dell’incarico di direttore sanitario dell’A.S.M. ad un ex dirigente posto in quiescenza per limiti di età, integra un fatto dannoso per l’erario dell’Ente. A questa conclusione induce la considerazione secondo la quale le preclusioni al conferimento di incarichi a pensionati sono poste a garanzia, fra l’altro, per quanto sopra evidenziato, del preminente interesse alla corretta ed oculata allocazione delle risorse, nonché a presidio degli equilibri di finanza pubblica. La preservazione di tali valori ha avuto luogo, in tale circostanza, attraverso la fissazione di un limite oggettivo ed invalicabile (intervenuto pensionamento per limiti di età) al conferimento di incarichi per funzioni dirigenziali.
In tale peculiare contesto, l’attribuzione dell’incarico retribuito di direttore sanitario al OMISSIS, soggetto cui era, per ragioni anagrafiche, precluso continuare a svolgere funzioni dirigenziali retribuite nell’amministrazione, non integra un mero vizio inficiante l’azione amministrativa, con rilevanza circoscritta alla sfera di legittimità del provvedimento, ma si riverbera anche sugli effetti economici prodotti da questo rendendo, automaticamente, dannosa per l’erario la conseguente spesa. (cfr. in termini, Sez. II app. n. 361/2019).
Come condivisibilmente ha rilevato il Procuratore appellante, lo sbarramento del sessantacinquesimo anno di età è un requisito, previsto per legge, che obiettivizza una valutazione “ex ante” sulla utilità della prestazione lavorativa e, quindi, sull’esito della procedura assunzionale. Erra, dunque, il primo giudice nell’avere effettuato una distinzione fra requisiti e qualificazioni soggettive sostanziali e non sostanziali: è, invece, proprio la mancanza dei parametri tutti, complessivamente intesi, richiesti dalla legge a costituire condizione legittimante dell’assunzione o dell’incarico e a consentire perciò di affermare che la relativa prestazione è incongrua rispetto al fine pubblico. Pertanto, ne deriva che una prestazione resa da un soggetto in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge non può ritenersi “sovrapponibile” a quella resa da un soggetto che tali requisiti non abbia.
Venendo quindi al caso concreto, la spesa sostenuta dall’A.S.M. per retribuzioni erogate al dott. OMISSIS, che, essendo ormai in quiescenza, non possedeva i requisiti per ricoprire l’incarico a titolo oneroso è da ritenersi una spesa indebita e, pertanto, dannosa. L’illegittimità del conferimento costituisce in definitiva il presupposto di antigiuridicità da cui è viziato il comportamento del dott. X, nonché l’antecedente causale da cui discende il danno erariale subito dall’Ente.
Per ciò che attiene alla consistenza del nocumento ed alla asserita utilità della prestazione svolta, è sufficiente ribadire che in presenza di norme che, imperativamente, pongono vincoli per soluzioni gestorie onerose, l’utilità della pertinente spesa è condizionata al rigoroso rispetto di quei vincoli. Laddove questi ultimi risultino violati vi è un’automatica valutazione di disutilità dell’esborso che ne è seguito che sterilizza ogni eventuale beneficio conseguito. Ed infatti, occorre innanzitutto considerare che il danno erariale rappresenta la proiezione numerica della lesione del patrimonio dell’Ente. Nel caso in cui tale lesione consista in un esborso non dovuto, l’intera spesa sostenuta in modo indebito integra danno per l’Ente. Detto altrimenti, è all’onere complessivamente sopportato dall’Amministrazione che occorre avere riguardo per individuare l’effetto pregiudizievole generato dalla condotta censurata.