CGARS, sentenza n. 956 del 22 settembre 2022
Dirimente è la considerazione che dall’omessa preventiva richiesta del CIG non deriva come sanzione la illegittimità del bando di gara e degli atti di gara.
L’art. 3, c. 5, l. n. 136/2010, stabilisce, tra le modalità di attuazione della disciplina sulla tracciabilità dei flussi finanziari, l’obbligo di indicare negli strumenti di pagamento relativi ad ogni transazione, effettuata dalla stazione appaltante e dagli altri soggetti tenuti al rispetto di tale obbligo, il codice identificativo di gara (CIG), attribuito dall’Autorità su richiesta della stazione appaltante.
Secondo quanto si legge nella delibera ANAC 11.1.2017 recante indicazioni operative per un corretto funzionamento del CIG, il CIG è un codice alfanumerico generato dal sistema SIMOG dell’Autorità. La stazione appaltante è tenuta a riportare i CIG nell’avviso pubblico, nella lettera di invito o nella richiesta di offerte comunque denominata.
Il CIG deve, pertanto, essere richiesto dal responsabile del procedimento in un momento antecedente all’indizione della procedura di gara. Da tale inadempimento discendono tuttavia conseguenze su piani diversi dalla illegittimità degli atti di gara. Invero, secondo la giurisprudenza l’obbligo di indicazione del CIG attiene non già alla fase di scelta del contraente, ma alla fase esecutiva del procedimento di gara, ed in particolare alla stipula del contratto, essendo la stessa essenzialmente funzionale alla tracciabilità dei flussi finanziari, secondo quanto inferibile dall’art. 3, c. 5, l. n. 136/2010 [Cons. St., V, 12.5.2017 n. 2238]. Nel caso di specie risulta che il CIG è stato comunque acquisito ancorché in un momento successivo alla indizione della gara.