Corte di Cassazione, sentenza n. 29435 del 10 ottobre 2022
Rispetto all’infezione virale, pur trattata dalla giurisprudenza di questa S.C. come infortunio, va ripreso, onde assicurarvi continuità, l’indirizzo, risalente e mai contraddetto, secondo cui «nell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisce causa violenta anche l’azione di fattori microbici o virali che, penetrando nell’organismo umano, ne determinino l’alterazione dell’equilibrio anatomo – fisiologico, sempreché tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa, anche in difetto di una specifica causa violenta alla base dell’infezione» con l’aggiunta che «la relativa dimostrazione può essere fornita in giudizio anche mediante presunzioni semplici» (C. 7306/2000, poi anche C. 20941/2004; C. 6899/2004);
Nel caso di specie, la Corte d’Appello, con una motivazione non sempre coerente e lineare, in cui è menzione della necessità di una «certa individuazione del fatto origine della malattia», colloca il punto di caduta ultimo del proprio ragionamento nella conclusione per cui si sarebbe infine dovuta dare, anche alla luce della pregressa Epatite B, «la prova rigorosa dell’evento infettante in occasione di lavoro».
Va quindi ribadito il principio di cui alla citata sentenza n. 7306/2000 e successive conformi e ciò comporta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla medesima Corte d’Appello, affinché svolga l’accertamento che pertiene ai casi come quello di specie, da operare ricostruendo in via probabilistica l’esistenza o meno di nesso causale tra l’evento morboso denunciato e l’attività professionale, secondo la tipologia di essa e le modalità concrete del suo svolgimento, ma senza necessità di riscontrare l’esistenza di uno specifico episodio o contatto infettante in occasione di lavoro