Consiglio di Stato, decreto n. 5055 del 21 ottobre 2022
È accaduto che la ricorrente ha superato un concorso con il punteggio collocandosi in posto utile in graduatoria, e che, tuttavia, in sede di successiva richiesta di indicazione delle sedi di destinazione, l’Amministrazione ha diramato un avviso nel quale ha reso noto che “a partire dalla data odierna e fino alle ore 23.59 del giorno 20 gennaio 2022 i candidati vincitori devono, così come previsto all’art. 11, c.6 del Bando di concorso, a pena di decadenza, manifestare la scelta dell’amministrazione di destinazione esclusivamente attraverso il sistema Step one”
La ricorrente avrebbe a suo dire puntualmente ottemperato a tale adempimento in data 24.1.2022 (caricamento delle preferenze e del curriculum), ottenendo la ricevuta della compilazione di tale domanda.
Nell’elenco pubblicato in data 4.2.2022, però, è risultato che la ricorrente non avesse espresso alcuna preferenza.
È verosimile che la ricorrente, una volta ritenuto – beninteso: in buona fede – di aver correttamente indicato le preferenze, non abbia, tuttavia, effettivamente verificato il contenuto della propria domanda.
Infatti, in data 24.1.2022, giorno ultimo per la presentazione della domanda indicante la preferenza delle sedi, la ricorrente avrebbe avuto tutto il tempo (fino alle ore 23,59 del medesimo giorno) per avvedersi se, effettivamente, le sedi a suo dire opzionate fossero state realmente inserite nel sistema.
Il ricorso in primo grado è stato quindi respinto. In sede cautelare in Appello, però, il Consiglio di Stato ha sollevato alcune questioni:
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b) quanto invece al secondo motivo, volto a dedurre, in subordine, la violazione del dovere di soccorso istruttorio (sub specie di soccorso procedimentale, o informatico), la sentenza ha sostanzialmente escluso la sussistenza di siffatto dovere, in tal guisa forse pretermettendo però di adeguatamente riflettere – com’è chiamato a fare, funditus, il collegio che deciderà la controversia – su una serie di nuove tematiche, essenzialmente correlate all’individuazione dell’effettivo limite dell’onere di diligenza informatica che possa ragionevolmente farsi gravare sul quisque de populo:
b-1) se a carico del semplice cittadino, pur non trattandosi di un “professionista”, sia traslabile tutto quanto la giurisprudenza abbia finora enucleato sulla partecipazione delle imprese alle pubbliche gare (o degli avvocati al processo telematico);
b-2) se e fino a che punto, a fronte di malfunzionamenti del sistema o del collegamento a esso, il cittadino possa essere costretto a una sorta di “gioco dell’oca” per completare una procedura telematica impostagli (e altresì onerato di riuscire ad avvedersi per tempo dei propri insuccessi);
b-3) se meriti adeguata considerazione la tesi che sul cittadino, in quanto non imprenditore (rectius: non “professionista”), non possa gravare l’onere di munirsi d’una sorta di “ufficio informatico” per potersi correttamente rapportare con l’amministrazione pubblica, e che gli vada perciò riconosciuto, in ogni caso di difficoltà (salvo a postulare un generale obbligo di alfabetizzazione informatica quale precondizione per continuare a godere dei più elementari diritti civili), un soccorso amplissimo – preventivo, ma anche successivo – a carico della controparte pubblica (che, per proprie esigenze, abbia imposto modalità di accesso esclusivamente telematiche);