Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Piemonte, sentenza n. 217 del 17 ottobre 2022
Nel caso di specie risulta dagli atti che il convenuto è stato destinatario della sentenza penale di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. con la quale è stato condannato in ordine a reati contro la pubblica amministrazione: abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) e turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), posti in essere anche tramite il reato di falso (art. 479 c.p.) in concorso con altri soggetti e anche con reato continuato.
La Procura espone che, ai sensi della sentenza di patteggiamento, “le indagini, gli interrogatori dei coindagati e dello stesso B. e gli esiti delle intercettazioni disposte hanno dato conto degli accordi intessuti da B. con altri coindagati relativamente alla preparazione dei concorsi da biologo (capi 1, 2 e 3 d’imputazione) per favorire tre candidati anticipando loro i contenuti delle prove che si sarebbero svolte
Orbene, come già evidenziato da giurisprudenza consolidata, la sentenza che accoglie la richiesta di patteggiamento contiene in sé un accertamento implicito della responsabilità dell’imputato (cfr., tra le altre, Corte dei conti Sez. I App. n. 353/2018).
Passando ad esaminare gli altri requisiti del danno all’immagine, deve essere altresì osservato che risultano versati in giudizio alcuni articoli di giornali comprovanti l’avvenuta eco mediatica (cosiddetto clamor fori) della vicenda giudiziale; deve essere altresì considerata, come sopra già evidenziato, l’inevitabile incidenza negativa delle sopra indicate condotte illecite sull’agire delle persone fisiche che compongono e svolgono attività all’interno della stessa pubblica amministrazione.
Ferma la natura prevalentemente risarcitoria – recuperatoria del danno all’immagine, propria della responsabilità amministrativa (SSRR n. 28/2015/QM), “trattandosi della lesione di un interesse appartenente alla P.A. e meritevole di tutela anche sotto l’aspetto patrimoniale” (cfr. tra le altre, di recente, Corte dei conti, Sez. II App., n. 178/2020, Sez. giur. Veneto, n. 65/2020; Corte Cost. n. 61/2020), tale danno è stato ricondotto, nell’ambito dell’evoluzione giurisprudenziale, alla categoria del danno non patrimoniale (cfr. Corte dei conti SS.RR. n. 10/2003 e Cass. SS.UU. n. 12920/2007).
Il danno all’immagine deve essere sempre provato nella sua effettiva sussistenza; tuttavia, non è necessaria la dimostrazione della spesa sostenuta per il ripristino dell’immagine violata né la verificazione di una deminutio patrimonii della P.A. danneggiata, in quanto “…la risarcibilità di un simile pregiudizio non può rapportarsi, per la sua intrinseca lesione, come sopra esposto, al ristoro della spesa che abbia inciso sul bilancio dell’Ente, ma deve essere vista come lesione ideale, con valore da determinarsi secondo l’apprezzamento del Giudice, ai sensi dell’articolo 1226 c.c.” (Corte dei conti, SS.RR. n. 10/QM/2003).
Pertanto, si ritiene sussistano tutti gli elementi costitutivi della responsabilità per il danno all’immagine arrecato alle amministrazioni pubbliche coinvolte. Venendo alla determinazione dell’entità di tale danno, questo Collegio ritiene che, in relazione alla gravità dei fatti commessi, alla rilevanza della posizione apicale del convenuto, alla diffusione (nell’ambiente sociale di riferimento e con la stampa) dell’immagine negativa pubblica, alla continuazione dei reati, ma tenendo altresì conto del concorso di altri soggetti nelle condotte delittuose, sia congrua, ex art. 1226 c.c., una quantificazione del risarcimento del danno da lesione dell’immagine pari ad euro 100.000,00