E’ confermato che nel pubblico impiego vale l’equivalenza formale delle mansioni

Corte di Cassazione, sentenza n. 32423 del 3 novembre 2022

E’ giuridicamente errato l’assunto secondo cui nel valutare il demansionamento non si sarebbe dovuta apprezzare la sola equivalenza formale delle mansioni, ma anche l’incidenza dei mutamenti sulla professionalità e personalità del lavoratore.

In ambito di pubblico impiego, vale infatti il diverso assetto per cui «l’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001, assegna rilievo solo al criterio dell’equivalenza formale delle mansioni, con riferimento alla classificazione prevista in astratto dai contratti collettivi, indipendentemente dalla professionalità in concreto acquisita, senza che il giudice possa sindacare la natura equivalente della mansione, non potendosi avere riguardo alla norma generale di cui all’art. 2103 c.c.» (C. 18817/2018; C. 7106/2014).

Non può quindi dirsi che l’assegnazione a mansioni diverse, se ricomprese nel medesimo ambito formale riveniente dalla contrattazione collettiva sia in sé comportamento illegittimo o inadempiente.

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