Il “doppio tangentizio” per determinare il danno erariale si può applicare anche ai fatti anteriori alla legge “Severino”

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n. 254 del 3 novembre 2022

Si ritiene che i fatti gravi ed altamente disdicevoli commessi dall’assessore comunale nell’esercizio delle sue funzioni, volte all’ottenimento di utilità personali anziché al perseguimento dell’interesse pubblico, siano palesemente lesivi del prestigio del predetto Ente locale avendo essi arrecato un rilevante vulnus alla fiducia che i cittadini dovrebbero riporre in ordine al corretto esercizio dell’attività amministrativa. Il danno all’immagine è direttamente proporzionale alla vasta eco data alla vicenda di corruzione e tangenti dai mass media (al riguardo, la Procura ha allegato probanti articoli di stampa) e, di conseguenza, presso l’opinione pubblica.

Ne deriva che l’indubbio pregiudizio subìto dal Comune, quantificato dalla Procura in 170.376,08 euro rifacendosi al criterio del doppio delle somme indebitamente percepite dal X come corrispettivo dell’attività delittuosa da lui posta in essere, deve ritenersi equo e proporzionato alla gravità della condotta e al danno all’immagine arrecato.

Al riguardo, va respinta l’eccezione sollevata dalla difesa secondo cui il PM avrebbe applicato retroattivamente il criterio presuntivo introdotto con la legge n. 190/2012 e che comunque, trattandosi di presunzione semplice, questa sarebbe vinta dalla determinazione del danno fissata dal giudice penale.

Quanto al primo aspetto, occorre tener presente che il giudice determina comunque l’ammontare del danno all’immagine in base ad una valutazione equitativa e che il criterio del c.d. “doppio tangentizio” era già utilizzato dalla giurisprudenza della Corte dei conti (in quanto da essa stessa creato) prima di essere espressamente codificato nell’art. 1, comma 1-sexies della legge n. 20/1994 per effetto dell’art. 1, comma 62, della citata legge n. 190/2012: pertanto, nulla osta a che il giudice si possa rifare a tale criterio per pervenire ad una equa misurazione della somma da risarcire.

Per tutto quanto precede, il convenuto va condannato a risarcire al Comune la somma di 170.376,08 euro.

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