La Corte Costituzionale ci ripensa: il blocco delle procedure esecutive nei confronti del SSN della Calabria è incostituzionale

Corte Costituzionale, sentenza n. 228 dell’11 novembre 2022

Con un’inversione a “U” rispetto alla decisione depositata poco più di due mesi fa (cfr https://iusmanagement.org/2022/10/11/e-legittima-la-norma-che-blocca-i-pignoramenti-nei-confronti-degli-enti-sanitari-della-calabria/), la Corte ha dichiarato incostituzionale la norma che blocca i pignoramenti nei confronti del SSN della Regione Calabria.

I Tribunali di Crotone e di Cosenza, nonchè il Tribunale amministrativo regionale di Reggio Calabria, avevano sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146 del 2021 per violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost. I rimettenti erano investiti di procedure per espropriazione o ottemperanza instaurate nei confronti delle Aziende sanitarie provinciali di Crotone e di Cosenza da creditori muniti di titoli esecutivi di formazione giudiziale. I Tribunali hanno rappresentato di non poter procedere per effetto della norma censurata, avendo questa disposto la paralisi delle azioni esecutive e l’inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti sanitari della Regione Calabria fino al 31 dicembre 2025.

La Corte ha osservato che una misura legislativa che incida sull’efficacia dei titoli esecutivi di formazione giudiziale è legittima quindi soltanto se limitata ad un ristretto periodo temporale e compensata da disposizioni sostanziali che prospettino un soddisfacimento alternativo dei diritti portati dai titoli, giacché altrimenti la misura stessa vulnera l’effettività della tutela in executivis garantita dall’art. 24 Cost., determinando inoltre uno sbilanciamento tra l’esecutante privato e l’esecutato pubblico, in violazione del principio di parità delle parti di cui all’art. 111 Cost. (sentenze n. 236 del 2021 e n. 186 del 2013).

La misura introdotta dall’art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146 del 2021, come convertito, è difforme da queste indicazioni, e manca quindi l’obiettivo di un equilibrato contemperamento degli interessi in gioco.

In primo luogo, non è giustificata l’equiparazione, agli effetti dell’improcedibilità, fra i titoli esecutivi aventi ad oggetto crediti commerciali e quelli aventi ad oggetto crediti di natura diversa, in particolare diritti di risarcimento dei danneggiati da fatto illecito e diritti retributivi dei prestatori di lavoro.

Lo stesso legislatore mostra di voler finalizzare la ricostruzione contabile unicamente ai corrispettivi delle forniture di beni e servizi, oggetto di fatturazione, come si evince dal riferimento della circolarizzazione obbligatoria ai «fornitori sul debito iscritto fino al 31 dicembre 2020» e dall’impegno di risorse esperte nelle procedure di «controllo, liquidazione e pagamento delle fatture» (art. 16-septies, comma 2, lettera b, del d.l. n. 146 del 2021).

Anche per i crediti di natura commerciale, la durata del blocco esecutivo non può essere protratta per un intero quadriennio, senza che ne risulti violato il canone di proporzionalità.

Per quanto complesse, le operazioni di riscontro devono essere svolte in un lasso di tempo più breve, anche mediante un adeguato impiego di risorse umane, materiali e finanziarie, che lo Stato deve garantire alla struttura commissariale (sentenza n. 168 del 2021).

Infatti, oltre a rappresentare un’anomalia rispetto ai precedenti normativi – nei quali la durata della misura di improcedibilità, al netto delle proroghe, è sempre stata di un anno o inferiore all’anno –, il congelamento di tutti i pagamenti per quattro anni può porre il fornitore, specie se non occasionale, in una situazione di grave illiquidità, fino ad esporlo al rischio di esclusione dal mercato.

Il difetto di proporzionalità ora rilevato emerge viepiù alla luce della previsione di cui all’art. 16-septies, comma 3 del d.l. n. 146 del 2021 (non censurata in questa sede), secondo la quale il blocco esecutivo è destinato a persistere pure nel caso in cui la sanità calabrese esca dal regime commissariale «in considerazione dei risultati raggiunti», previsione che si traduce nell’ingiustificata ultrattività di una misura eccezionale.

Deve essere quindi dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16-septies, comma 2, lettera g), del d.l. n. 146 del 2021, come convertito, per violazione degli artt. 24 e 111 Cost., assorbite le censure di cui agli artt. 3 e 113 Cost.

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