Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Sardegna, sentenza n 234 del 4 dicembre 2022
La Procura espone che i militari della Guardia di Finanza riscontrate numerose assenze ingiustificate di X, decidevano di estendere le indagini alla condotta assenteista, risalendo fino al 2012 e riscontrando una pressoché continua assenza del dirigente medico dai reparti dell’Asl, attuata per mezzo di una alternanza sequenziale tra malattie, ferie, permessi e aggiornamenti professionali (a Roma), nonché mancate o irregolari timbrature, fino a raggiungere la completa assenza durante l’anno 2014, tanto che, al fine di sanare anni interi di mancate e omesse timbrature, il Dirigente amministrativo dell’Asl richiese all’indagato una serie di autocertificazioni che tutelassero l’azienda.
La Procura riferisce che, dall’esame degli atti, sono emerse una serie di false autocertificazioni a firma dell’indagato (secondo le quali sarebbe risultato in servizio presso il reparto, ma avrebbe o dimenticato di timbrare o smarrito il badge) relative a giornate nelle quali il dottor X veniva individuato fisicamente in altri luoghi, a seguito di una pervasiva attività istruttoria posta in essere dalla Guardia di Finanza, consistita nell’esame dei dati estratti dai telefoni dell’indagato (sms, foto, chat WhatsApp, e-mail), dei dati relativi all’utilizzo di carte di credito o, comunque, di mezzi di pagamento elettronici, delle dichiarazioni rese dai soggetti informati sui fatti e dei dati ricavabili dalle celle telefoniche.
L’eccezione di prescrizione sollevata con riferimento al danno patrimoniale non può trovare accoglimento.
Preliminarmente, si osserva che la fattispecie all’esame configura – senza ombra di dubbio – un’ipotesi di occultamento doloso delle condotte assenteiste, con la conseguenza che la ricostruzione della complessiva fattispecie illecita e la quantificazione del pregiudizio erariale sono intervenute soltanto a seguito delle complesse e laboriose indagini della Guardia di Finanza.
Se è pur vero che, ai sensi dell’art. 17, comma 5, del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, ai dirigenti e altre persone aventi potere di decisione autonomo, non si applicano le disposizioni in materia di orario normale di lavoro e di durata massima dell’orario di lavoro, detta previsione non implica affatto che i dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa non siano tenuti ad assicurare la propria presenza in reparto, non potendo trovare accoglimento la prospettazione difensiva secondo la quale non è indispensabile la presenza del primario (che potrebbe – paradossalmente – non essere presente quasi mai nel reparto da lui diretto), purché la struttura consegua comunque gli obiettivi programmati, dovendo la prestazione del direttore essere parametrata esclusivamente ai risultati conseguiti.
Viceversa, deve dirsi che la ratio dell’assenza di un vincolo orario minimo per i dirigenti con incarico di struttura complessa è esattamente opposta rispetto a quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente.
La presenza fisica del dirigente in servizio costituisce, quindi, una condizione necessaria, anche se non sufficiente, all’integrale assolvimento degli obblighi dirigenziali; in altri termini, il sistema consente oggi al Dirigente medico di struttura complessa una maggiore libertà di azione e minori vincoli, finalizzati, tuttavia, non all’attenuazione della presenza in servizio, ma all’incremento della stessa in un’ottica di ottimizzazione dei risultati (Sez. III Appello, sent. n. 64/2018; cfr. Sez. Toscana, sent. 199/2017; Sez. Abruzzo, sent. n. 42/2019 e sent. n. 8/2016).
Ne consegue che il danno patrimoniale causato dalla condotta del dottor X nel periodo dal 1°gennaio 2012 al 31 dicembre 2015 deve essere più correttamente quantificato in € 185.794,10, pari agli emolumenti complessivamente percepiti nel periodo considerato (€ 443.959,71) divisi per i 1.460 giorni del periodo medesimo (ottenendo il valore giornaliero di € 304,08) e moltiplicati per i giorni di assenza illegittima (611 giorni).
A detta somma deve essere aggiunto il danno patrimoniale relativo all’anno 2016, con riguardo al quale deve essere confermato l’intero importo di € 72.823,87 richiesto in citazione.
Il danno patrimoniale complessivo deve essere conseguentemente quantificato in € 258.617,97 (€ 185.794,10 + € 72.823,87), e per detto danno va pronunciata condanna a titolo di dolo nei confronti del convenuto.