Corte di Cassazione, sentenza n. 35872 del 6 dicembre 2022
Il responsabile diretto del decesso dei congiunti dell’attore, nel corso dell’alluvione del 5 maggio 1998, era – come definitivamente accertato nel giudizio penale – unicamente l’allora sindaco del Comune di Sarno “per avere omesso di allertare tempestivamente la popolazione, cui, di contro, inoltrava avvisi tranquillizzanti, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio quale unica condotta salvifica possibile, di convocare ed insediare con urgenza il comitato locale per la protezione civile e di segnalare prontamente alla prefettura di Salerno la gravità degli eventi per consentirne interventi di competenza”.
Occorre muovere dai principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite civili di questa Corte di cassazione con la sentenza n. 13246 del 16 maggio 2019. Il comportamento della P.A. che può dar luogo, in violazione dei criteri generali dell’art. 2043 c.c., al risarcimento del danno per il fatto penalmente illecito del dipendente, o si riconduce all’estrinsecazione del potere pubblicistico e cioè ad un formale provvedimento amministrativo, emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, oppure si riduce ad una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali.
Nel primo caso (attività provvedimentale o, se si volesse generalizzare, istituzionale in quanto estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà), l’immedesimazione organica di regola pienamente sussiste ed è allora ammessa la responsabilità diretta in forza della sicura imputazione della condotta all’ente.
Nel secondo caso, di attività estranea a quella istituzionale o comunque materiale, opera il diverso criterio della responsabilità indiretta, per fatto del proprio dipendente o funzionario, in forza di principi corrispondenti a quelli elaborati per ogni privato preponente e desunti dall’art. 2049 c.c.
La circostanza che l’attività nel caso specifico non sia per lo più collegata ad un formale provvedimento amministrativo ed integri piuttosto una condotta di tipo omissivo non muta i termini della questione, poiché l’omessa adozione di un provvedimento amministrativo non costituisce comportamento materiale, ma illegittima condotta istituzionale (peraltro al sindaco risultano imputate anche condotte di carattere commissivo sotto il profilo delle notizie imprudentemente rassicuranti fornite durante l’emergenza in corso).
L’attribuzione del potere illegittimamente non esercitato è criterio di responsabilità dell’autorità rimasta inerte, per cui non esercitare il potere non è un contegno meramente materiale della persona fisica, ma azione amministrativa illegittima ove quel potere doveva essere esercitato. Costituendo manifestazione di attività istituzionale anche l’omesso esercizio di potestà pubblica, la responsabilità del Comune nel caso di specie ha carattere diretto ai sensi dell’art. 2043 c.c., per cui non vi è ostacolo, anche secondo l’assunto del giudice di merito, all’esercizio dell’azione di regresso ai sensi del secondo comma dell’art. 2055 c.c.
Va quindi enunciato il seguente principio di diritto: “sussiste la responsabilità diretta della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2043 c.c., per il fatto penalmente illecito commesso dalla persona fisica appartenente all’amministrazione, tale da far reputare sussistente l’immedesimazione organica con quest’ultima, non solo in presenza di formale provvedimento amministrativo, ma anche quando sia stato illegittimamente omesso l’esercizio del potere autoritativo”.