Se la segnalazione è solamente l’occasione per l’indagine interna, il segnalante non deve essere rivelato

TAR Lazio, sentenza n. 10400 del 21 luglio 2022

Il Collegio ritiene – in ossequio all’insegnamento già impartito da un’autorevole giurisprudenza (cfr. da ultimo CGA, Sez. Giur., 17 maggio 2021, n. 436) – che la costruzione della norma porta a distinguere le tre seguenti ipotesi:
a) se la segnalazione abbia prodotto accertamenti distinti ed ulteriori, sui quali è basata la contestazione dell’addebito, l’identità del segnalante non può essere rivelata;
b) se la contestazione è basata in tutto o in parte sulla stessa segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante non è indispensabile per la difesa dell’incolpato, l’identità del segnalante non può essere rivelata.
c) se la contestazione è basata in tutto o in parte sulla stessa segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante è indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione è utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo con il consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.
Pertanto, detto in altri termini, se la segnalazione ha costituito la mera occasione per lo svolgimento degli accertamenti disciplinari, la conoscenza dell’identità del segnalante non deve essere rivelata, in quanto si presume non essere indispensabile per la difesa dell’incolpato (cfr. lettera a) che precede).
Se invece la segnalazione ha costituito il fatto in tutto o in parte a base del procedimento disciplinare, occorre distinguere:
– la fattispecie in cui la conoscenza del segnalante non è indispensabile per la difesa dell’incolpato, nel qual caso l’identità del segnalante non può essere rivelata (cfr. lettera b) che precede);
– dalla fattispecie in cui la conoscenza del segnalante è indispensabile per la difesa dell’incolpato (cfr. lettera c) che precede), nel qual caso l’identità può essere rivelata con il solo consenso del segnalante, oppure non può essere utilizzata ai fini disciplinari e, in tale ultima ipotesi, ove fosse egualmente utilizzata senza la rivelazione dell’identità del segnalante, si sarebbe in presenza di un vizio del provvedimento disciplinare conclusivo del procedimento.
Ciò premesso in generale, ritiene il Collegio che il caso di specie rientri nel perimetro della fattispecie sub lettera b) che precede.
Ed infatti, se da un lato è vero che la contestazione disciplinare è principalmente basata sulle risultanze della segnalazione ex art. 54-bis del d.lgs. 165/2001, dall’altro lato è anche vero, però, che l’identità del segnalante (o dei segnalanti) non appare indispensabile per la difesa dell’incolpato.
Avuto riguardo, invero, al contenuto specifico degli addebiti elevati con lettera di contestazione disciplinare del 23 dicembre 2021, appare evidente che:
– i fatti disciplinarmente rilevanti sono stati oggetto di una compiuta ed analitica descrizione, nell’ambito della quale non v’è alcuna traccia di elementi o passaggi logici rispetto ai quali può rivelarsi indispensabile conoscere l’identità del segnalante, elementi che peraltro parte ricorrente non ha neppure indicato nel suo ricorso;
– la natura stessa dei fatti oggetto di contestazione (consistenti in alcuni atti di mala gestio asseritamente commessi nella conduzione delle procedure di evidenza pubblica della Società, nonché nell’omessa adozione di alcune cautele atte ad evitare conflitti di interessi ed incompatibilità personali) rende di per sé irrilevante – a fini difensivi – la conoscenza dell’identità del segnalante, posto che il baricentro della difesa è chiaramente focalizzato sulla correttezza o meno dell’attività del ricorrente e non sull’identità di chi ha segnalato i presunti illeciti.
Ne discende che la documentazione di cui si richiede l’ostensione – tutta incentrata sulla segnalazione ex art. 54-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 – non può formare oggetto di istanza di accesso documentale difensivo ex art. 22 e segg. della legge n. 241 del 1990, non essendo nel caso di specie indispensabile (a fini difensivi) la conoscenza dell’identità del segnalante.
Né vale eccepire, in senso contrario, il fatto che l’identità del segnalante (che secondo la prospettazione di parte ricorrente consisterebbe nel “Gruppo di Progetto” istituito dall’Amministratore Delegato della Società per la verifica della regolarità delle procedure aziendali di affidamento) sarebbe di fatto già nota al ricorrente.
L’eccezione non è meritevole di accoglimento perché il fatto di sapere che la segnalazione scaturisce da verifiche effettuate dal summenzionato Gruppo di Progetto non equivale a sapere quale sia la specifica persona fisica che – nell’ambito di tale gruppo – ha concretamente provveduto alla segnalazione.
Non è quindi vero che il ricorrente già conosce con certezza l’autore materiale della segnalazione.
Ugualmente privo di pregio – al fine di ritenere che la segnalazione de qua fuoriesca dal cono d’ombra del divieto di accesso ex art. 54-bis, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 – è il fatto che la segnalazione sia stata indirizzata al Consiglio di Amministrazione della Società (anziché al Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza, come prescritto dal summenzionato art. 54 bis).

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