Corte di Cassazione, ordinanza n. 679 del 12 gennaio 2023
Si è affermato (Sez. L, Sentenza n. 17314 del 30/08/2004, Rv. 576355 – 01) che l’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 cod. civ. impone al datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione al tipo di attività esercitata, che rappresentano lo standard minimale richiesto dal legislatore per la tutela della sicurezza del lavoratore, ma anche tutte le altre misure che in concreto siano richieste dalla specificità del rischio, atteso che la sicurezza del lavoratore costituisce un bene di rilevanza costituzionale (art. 41 comma secondo, che espressamente prevede limiti all’iniziativa privata per la sicurezza)che impone – a chi si avvalga di una prestazione lavorativa eseguita in stato di subordinazione – di anteporre al proprio legittimo profitto la sicurezza di chi tale prestazione esegua.
La fattispecie esaminata dalla corte territoriale ha evidenziato che, proprio nel reparto ove lavorava il ricorrente, si erano verificati altri casi di tecnopatie correlate all’esposizione (il verbale della Asl richiama la leucemia di una lavoratrice poi deceduta e altra anomala patologia per diverso lavoratore addetto al reparto), sicché può ben dirsi che in concreto gli obblighi di protezione datoriale assumevano una consistenza concreta che richiedeva il corretto monitoraggio dell’esposizione innazitutto e la sorveglianza sanitaria continua del personale esposto, e per altro verso, l’effettuazione degli interventi correttivi segnalati dalla ASL in funzione di prevenzione e protezione (cabinati più sicuri, strumenti dotati di schermatura, ecc.).
Come precisato da Sez. L, Sentenza n. 2491 del 01/02/2008 (Rv. 601495 – 01), la responsabilità dell’imprenditore ex art. 2087 cod.civ., pur non essendo di carattere oggettivo, deve ritenersi volta a sanzionare l’omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l’integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio.
Nel delineato contesto giurisprudenziale, peraltro del tutto in linea con diverse pronunce costituzionali in materia (v. Corte cost. sentenza n. 343 del 7/7/1992 e sentenza n. 100 del 25/02/1991), la distinzione tra effetti deterministici e stocatici indicata in sentenza, al pari del richiamo ad una mera responsabilità di mezzi, risulta errata in diritto, oltre che incongrua rispetto al caso di specie.