La sentenza di proscioglimento non esclude che il datore di lavoro pubblico possa prendere in considerazione le risultanze del processo penale

Consiglio di Stato, sentenza n. 1426 del 09 febbraio 2023

Come correttamente rilevato dal TAR, la sentenza di proscioglimento non esclude di per sé la possibilità per il datore di lavoro pubblico di prendere in considerazione le risultanze del processo penale nel più ampio quadro della valutazione complessiva dei fatti condotta in seno al procedimento disciplinare.

Ciò posto, l’infondatezza della censura è avvalorata dal fatto che, come emerge dalla sentenza della Corte di appello -OMISSIS-, n. -OMISSIS- (passata in giudicato), il giudizio penale sui fatti oggetto dei capi di imputazione formulati a carico dell’appellante non si è limitato alla declaratoria di estinzione dei reati ascritti per intervenuta prescrizione, ma si è esteso alla conferma delle statuizioni civili contenute nella sentenza n. 14369/2015 del Tribunale penale -OMISSIS-, ivi impugnata, recante la condanna dello stesso al risarcimento del danno cagionato all’Università -OMISSIS–OMISSIS-, costituita parte civile nel processo.

La conferma delle statuizioni civili resa con la citata sentenza della Corte di appello n. -OMISSIS- postula, in virtù del disposto di cui agli articoli 538 e ss. c.p.p., l’accertamento dei fatti ascritti, nella loro connotazione materiale e quanto alla loro riferibilità, sul piano oggettivo e soggettivo, alla persona del condannato, quali elementi costituenti necessario presupposto per il riconoscimento della responsabilità civile ex art. 2043 e 2059 cod. civ. e 185 c.p..

Le argomentazioni dell’appellante sulla presunta erronea interpretazione dell’art. 538 c.p.p. sono eccentriche rispetto all’oggetto del giudizio, non dovendosi in questa sede stabilire quali siano “gli effetti” delle statuizioni civili: ciò che rileva ai fini disciplinari è la circostanza che quei fatti siano risultati “accertati” anche se la condanna dell’autore degli stessi è potuta intervenire soltanto in sede civile essendo stata quella, corrispondente, in sede penale, resa impraticabile in ragione dell’intervenuta prescrizione dei reati.

È stato osservato che «per consolidata giurisprudenza di questo Consiglio il procedimento disciplinare può riguardare fatti oggetto dell’imputazione nel processo penale, conclusosi con sentenza irrevocabile di non luogo a procedere in ordine al reato ascritto, perché estinto per prescrizione, e applicare la sanzione disciplinare sulla base di autonomi elementi di valutazione tratti da tutti gli atti formati ed acquisiti nell’ambito del procedimento penale (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 20 ottobre 2016, n. 4381).

Gli accertamenti effettuati in sede di procedimento penale sfociato nel proscioglimento dell’imputato per prescrizione del reato possono senz’altro essere utilizzati in sede disciplinare, fermo restando che l’Amministrazione procedente è tenuta a procedere ad una autonoma valutazione degli stessi. In altri termini, in tali casi, la sanzione disciplinare è legittimamente irrogata all’esito di una autonoma e necessaria rivalutazione, al fine di accertarne il rilievo disciplinare, dei fatti che hanno costituito oggetto del giudizio penale; il riferimento nella motivazione del provvedimento impugnato alle sentenze penali, che hanno dichiarato il reato estinto per prescrizione, non comporta che l’Amministrazione abbia fatto discendere automaticamente da queste l’applicazione della sanzione, ma deve ritenersi compiuto per evidenziare come le condotte accertate in sede istruttoria ben possano reputarsi disciplinarmente rilevanti in quanto l’offensività delle stesse e la loro riconducibilità all’interessato non sono state escluse, ma sono state in certa misura evidenziate nel giudizio penale (cfr. Cons. Stato Sez. IV, 9 marzo 2020, n. 1689).

Nelle ipotesi di conclusione del giudizio penale, nelle quali non si è giunti ad una condanna in conseguenza dell’intervento di cause di prescrizione o di altre cause di estinzione del reato, l’Amministrazione può legittimamente utilizzare a fini istruttori gli accertamenti effettuati nella sede penale senza doverli ripetere, salva la possibilità del dipendente di addurre elementi ed argomenti che, qualora dotati di oggettivo spessore e valenza, devono essere adeguatamente ponderati (Cons. Stato Sez. IV, 14 maggio 2019, n. 3125)” (Cons. Stato, Sez. II, 23 giugno 2022, n. 5182 che richiama id. 16 febbraio 2022, n. 1163).

Comments are closed.