Consiglio di Stato, parere n. 93 del 12 gennaio 2023
Il Consiglio di Stato, ha espresso il parere nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62, “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”.
Il Consesso ha, innanzi tutto, rilevato che le integrazioni che lo schema di decreto in esame si propone di apportare al Codice di comportamento dei pubblici dipendenti, sono volte a codificare nuove regole di condotta, provviste della cogenza propria di obblighi la cui violazione integra “comportamenti contrari ai doveri d’ufficio”, molte delle quali vanno oltre quanto richiesto dall’art.4 della l. n.79 del 2022.
Lo schema di decreto propone dunque anche prescrizioni che non trovano titolo nella norma di legge che esso va ad attuare e questo Consesso non può che esprimere perplessità in merito all’introduzione di regole di condotta, ovvero di divieti e di comandi, di per sé capaci di incidere sulle situazioni giuridico-soggettive dei dipendenti pubblici, prive di fondamento nella disciplina primaria, come vuole il principio di legalità che, costituzionalmente, governa l’azione e l’organizzazione amministrativa.
La Sezione non può, inoltre, esimersi dall’esprimere importanti riserve anche in merito alle “nuove” regole di condotta che trovano astrattamente titolo nell’art.4 della l. n.79 del 2022, quali sono quelle riferibili all’area dei doveri concernenti la tutela dell’immagine della pubblica amministrazione, sottesa all’utilizzo delle tecnologie informatiche, dei mezzi di informazione e dei social media. In quelli che si configurano come i nuovi artt.11-bis e 11-ter, dedicati rispettivamente all’”Utilizzo delle tecnologie informatiche” e all’ “Utilizzo dei mezzi di informazione e dei social media”, si propone infatti la codificazione di una pluralità di regole connotate da un elevato dettaglio casistico, ma al contempo da una indeterminatezza delle condotte sanzionabili, favorita anche dall’utilizzo di espressioni linguistiche, molte delle quali tratte dal linguaggio tecnico e lasciate prive di definizioni atte a esplicitarne il significato. Tale evidenziata connotazione sintattico-linguistica di formulazione delle norme, mentre le allontana dalla natura e della funzione proprie di un Codice, volto a enunciare i “doveri minimi” dei pubblici dipendenti (in modo più chiaro possibile, proprio in ragione delle principale funzione “preventiva” derivante dall’agevole percezione e comprensibilità delle disposizioni introdotte, da parte dei destinatari; si badi, aggiuntivamente ad un ordito già di per sé cospicuo) , espone i pubblici dipendenti agli eccessi degli spazi interpretativi d’intervento, ed anche alla connessa dubbiosità, per così dire, disparitaria, circa l’attivazione delle procedure disciplinari, di chi sarà preposto ad assicurarne il rispetto e a sanzionarne la violazione.
Ed è perciò che, a giudizio di questo Consesso, l’insieme delle nuove regole di condotta che il decreto in esame si propone di introdurre, per la loro capacità di incidere come fonti di nuove responsabilità disciplinari e anche, a determinati effetti, penali, civili, amministrative e contabili sulla sfera dei diritti e delle libertà dei singoli, meritano di essere valutate, e attentamente ponderate da parte della stessa Amministrazione proponente, nella loro stretta necessità oltre che nella loro adeguatezza, quando si tenga conto che esse sono destinate ad applicarsi ai tanti contesti organizzativi e funzionali delle tante pubbliche amministrazioni.