Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 5657 del 23 febbraio 2023
Questa Corte ha già stabilito che il giudizio di “meritevolezza” di cui all’art. 1322, comma secondo, c.c., non coincide col giudizio di liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la Relazione al Codice civile la meritevolezza è un giudizio che deve investire non il contratto in sé, ma il risultato con esso avuto di mira dalle parti, cioè lo scopo pratico o causa concreta che dir si voglia (ex aliis, Sez. U – , Sentenza n. 4222 del 17/02/2017; Sez. U, Sentenza n. 4223 del 17/02/2017; Sez. U, Sentenza n. 4224 del 17/02/2017; Sez. 3, Sentenza n. 10506 del 28/04/2017).
Ed il risultato del contratto dovrà dirsi immeritevole solo quando sia contrario alla coscienza civile, all’economia, al buon costume od all’ordine pubblico (così la Relazione al Codice, § 603, II capoverso). Questo principio, se pur anteriore alla promulgazione della Carta costituzionale, è stato da questa ripreso e consacrato negli artt. 2, secondo periodo; 4, secondo comma, e 41, secondo comma, cost.. Un contratto dunque non può dirsi “immeritevole” sol perché poco conveniente per una delle parti. L’ordinamento garantisce il contraente il cui consenso sia stato stornato o prevaricato, non quello che, libero ed informato, abbia compiuto scelte contrattuali non pienamente satisfattive dei propri interessi economici.
Affinché dunque un patto atipico possa dirsi “immeritevole”, ai sensi dell’art. 1322 c.c., è necessario accertare la contrarietà (non del patto, ma) del risultato cui esso mira con i princìpi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati.
Sono stati perciò ritenuti immeritevoli, ai sensi dell’art. 1322, comma secondo, c.c., contratti o patti contrattuali che, pur formalmente rispettosi della legge, avevano per scopo o per effetto di:
(a) attribuire ad una delle parti un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita per l’altra (sentenze 22950/15; 19559/15);
(b) porre una delle parti in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all’altra (sentenze 4222/17; 3080/13; 12454/09; 1898/00; 9975/95);
(c) costringere una delle parti a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti (sentenza 14343/09).
Nel caso di specie la Corte d’appello ha reputato che la clausola di “rischio cambio” fosse “immeritevole” ex art. 1322 c.c. spendendo tre argomenti, e cioè: 1) il calcolo della variazione del saggio di interesse dovuto dall’utilizzatrice era “astruso e macchinoso”; 2) la clausola che disciplinava il “rischio cambio” era caratterizzata da aleatorietà e squilibrio, in quanto prevedeva una differente base di calcolo dell’indicizzazione, a seconda che l’euro si fosse apprezzato o deprezzato rispetto alla valuta di riferimento; 3) il c.t.u. aveva accertato che fin dalla stipula del contratto era prevedibile un costante apprezzamento del franco svizzero sull’euro. Tutti e tre questi argomenti sono erronei in punto di diritto. Essi né singolarmente, né complessivamente, sono idonei a giustificare un giudizio di “immeritevolezza” ex art. 1322 c.c., alla luce dei princìpi stabiliti da questa Corte e sopra ricordati.