Già abbiamo dato notizia dei nuovi obblighi in materia di trasparenza introdotti dall’art. 31 del decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 (rubricato Trasparenza nei servizi pubblici locali),
che ha stabilito che gli atti concernenti l’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e il contratto di servizio sono pubblicati senza indugio sul sito istituzionale dell’ente affidante e trasmessi contestualmente all’Anac, che provvede alla loro immediata pubblicazione sul proprio portale telematico (Trasparenza SPL), dando evidenza della data di pubblicazione.
Ai più attenti non è sfuggito un particolare: la norma non sembra assistita da nessun tipo di sanzione in caso di violazione.
Con successivo comunicato del Presidente Busia del 22 febbraio 2022, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha precisato alcuni aspetti, in particolare che per i servizi in house il decreto legislativo prevede che il contratto di servizio è stipulato decorsi sessanta giorni dall’avvenuta pubblicazione della deliberazione di affidamento alla società in house sul sito dell’Anac. L’Autorità ricorda dunque che fino a quando la deliberazione di affidamento non è trasmessa e pubblicata da Anac, non decorre il termine previsto dal decreto legislativo e non è dunque possibile procedere con la stipula del contratto di servizio, con ogni conseguenza di legge.
Tale comunicato è un evidente tentativo di rafforzare la compliance all’obbligo di legge appena introdotto.
E’ notorio, però, persino allo studente del primo anno di giurisprudenza, che una norma giuridica, per definirsi tale, deve prevedere una sanzione in caso di violazione, altrimenti potrà essere qualificata come una norma etica, morale, di indirizzo, ma non una norma giuridica.
Il divieto di stipulare il contratto non è altro che un divieto in caso di violazione di un obbligo, ma non una sanzione. Le conseguenze in caso di mancato rispetto delle norme non appaiono chiare.
Il testo è molto simile alla c.d. clausola di stand still prevista dal codice dei contratti pubblici, cioè il rispetto di un periodo minimo tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto.
Già l’orientamento della giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che la violazione del termine di stand still non è da sola sufficiente all’annullamento dell’aggiudicazione, né consente la dichiarazione di inefficacia del contratto (cfr Consiglio di Stato, sentenza n. 9995 del 15/11/2022)
E sicuramente lo stesso, allo stato attuale, si può affermare dell’ultimo obbligo in materia di servizi pubblici.
Tuttavia, la disposizione prevista dal codice dei contratti pubblici è assistita da norme speciali del codice del processo amministrativo (cpa), per cui essa ha incidenza autonoma sull’applicazione delle sanzioni alternative di cui all’art. 123 c.p.a. Essendo delle norme sanzionatorie speciali, però, non è possibile nemmeno ipotizzare l’applicazione analogica a questa nuova disposizione.
In sintesi, l’obbligo di trasparenza previsto dal recente decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201 potrà essere violato senza che allo stato attuale possano ipotizzarsi gravi conseguenze per i trasgressori, se non quelle derivanti dalla mancanza dei presupposti per l’affidamento in house, come già comunque succedeva prima dell’entrata in vigore del decreto.
E’ comunque da qualche anno che la trasparenza sembra intesa dal legislatore come un obbligo morale, etico, ma nulla di più. Infatti ricordiamo che le sanzioni previste per il mancato adempimento agli obblighi di trasparenza di cui al d.lgs. 33/2013 (c.d. Amministrazione trasparente), sono sospese, per cui ANAC ormai adotta delle delibere con cui evidenzia tale inadempimento, ma non può comminare nessuna sanzione.
Speriamo che il legislatore faccia una scelta: o rimuova gli obblighi di trasparenza, o ne garantisca l’adempimento attraverso delle “sanzioni dell’ordinamento giuridico”, quali, per esempio, la nullità del contratto posto in essere, delle sanzioni amministrative, delle sanzioni discipinari, ma, comunque, vi devono pur essere delle sanzioni.