Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 107 del 16 marzo 2023
In via pregiudiziale di rito, la Sezione deve farsi carico di scrutinare la questione circa il (sopravvenuto) difetto di giurisdizione di questa Corte sulla controversia che ne occupa, derivante dall’entrata in vigore, medio tempore, dell’art. 5 quinquies d.l. n. 146/2021, non ancora esistente al tempo della proposizione dell’appello e, pertanto, richiamata dalla difesa degli appellanti solo in sede di udienza di discussione.
Il tenore letterale della menzionata norma così recita: <<Il comma 1- ter dell’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, ai sensi del quale si attribuisce la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno al gestore della struttura ricettiva con diritto di rivalsa sui soggetti passivi e si definisce la relativa disciplina sanzionatoria, si intende applicabile anche ai casi verificatisi prima del 19 maggio 2020.>>.
La natura della stessa è manifestamente di interpretazione autentica della pregressa disciplina su cui si fonda (anche) la responsabilità contabile che ne occupa, come del resto testimoniato dalla rubrica dell’articolo. Ne discende la sua efficacia ex tunc a valersi, dunque, sui processi tuttora in corso e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.
Per tale motivo, la norma de qua:
– è in grado di inibire la generale regola della c.d. “perpetuatio jurisdictionis” scolpita nell’art. 13 c.g.c., circa l’insensibilità della potestas iudicandi del giudice adito rispetto (tra l’altro) ai mutamenti normativi sopravvenuti (amplius, Cass., SS.UU., n. 27074/2016), imponendo al Collegio di verificare la que- stione, nonostante la domanda giudiziale sia stata introdotta prima dell’entrata in vigore dell’art. 5 quinquies cit.;
– impone di escludere l’operatività di preclusioni processuali circa la sua de- duzione, diversamente da quanto generalmente stabilito dal combinato dispo- sto degli artt. 15 e 193 c.g.c.
Il mutato quadro normativo in subiecta materia appare rilevante, inoltre, perché supera l’originario orientamento giurisprudenziale, formatosi nell’ambito dell’omologa responsabilità penale per i medesimi fatti, secondo cui la cessazione del ruolo di incaricato di pubblico servizio, derivante dall’introduzione dell’art. 180 d.l. n. 34/2020 (di modifica dell’art. 4, d.lgs. n. 23/2011), non avrebbe comportato un fenomeno di abolitio criminis delle condotte di peculato commesse in precedenza (Cass. Pen. n. 36317/2020). Con successive decisioni della Suprema Corte, invero, prendendosi atto della predetta norma di interpretazione autentica, si è ribaltato il precedente orientamento (amplius et ex plurimis, Cass. Pen. n. 12516/2022). Ciononostante, ritiene la Sezione di dover ribadire il proprio indirizzo già recentemente espresso in proposito (C. conti, Sez. I App. n. 30/2023), peraltro sulla falsariga di analoghi precedenti (C. conti, Sez. II App. n. 275/2022; C. conti, Sez. Giurisd. Piemonte, decr. n. 46/2022), alla cui stregua i richiamati mutamenti normativi (art. 180, d.l. n. 34/2020, prima e l’art. 5 quinquies, d.l. n. 146/2021, dopo), non hanno intaccato il rapporto di servizio intercorrente tra gestore e comune e discendente dagli ulteriori compiti per costoro previsti dall’art. 4, comma 1 ter, d.lgs. n. 23/2011 (<<Il gestore della struttura ricettiva è responsabile (…) degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale….>>), di guisa da permanere la sottoposizione allo statuto della responsabilità amministrativo-contabile (con la conseguente provvista giurisdizionale) dei soggetti qui appellanti.