Corte di Cassazione, sentenza n. 8944 del 29 marzo 2023
E’ reso evidente dall’incipit dell’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001 (Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste da contratto collettivo….), le fattispecie tipizzate dal legislatore non esauriscono quelle nelle quali è consentito il licenziamento del dipendente, sicché l’impossibilità di ricondurre la condotta ad una delle ipotesi tipiche di per sé non esclude che la condotta possa integrare una «giusta causa», ravvisabile ogniqualvolta venga irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario, che è alla base del rapporto, perché il datore di lavoro deve poter confidare sulla leale collaborazione del prestatore e sul corretto adempimento delle obbligazioni che dal rapporto scaturiscono a carico di quest’ultimo.
Questa Corte da tempo ha affermato che la fiducia, che è fattore condizionante la permanenza del rapporto, può essere compromessa, non solo in conseguenza di specifici inadempimenti contrattuali, ma anche in ragione di condotte extralavorative che, seppure tenute al di fuori dell’impresa o dell’ufficio e non direttamente riguardanti l’esecuzione della prestazione, nondimeno possono essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti qualora abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto e compromettano le aspettative di un futuro puntuale adempimento dell’obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività (cfr. fra le tante Cass. n. 24023/2016 e Cass. n. 17166/2016).
Muovendo da detta premessa, si è poi detto che le condotte extralavorative che possono assumere rilievo ai fini dell’integrazione della giusta causa afferiscono non alla sola vita privata in senso stretto, bensì a tutti gli ambiti nei quali si esplica la personalità del lavoratore e non devono essere necessariamente successive all’instaurazione del rapporto, sempre che si tratti di comportamenti appresi dal datore dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate al dipendente e dal ruolo da quest’ultimo rivestito nell’organizzazione aziendale. Possono, di conseguenza, rilevare anche le condotte tenute dal lavoratore in occasione di altro rapporto di lavoro, tanto più se omogeneo rispetto a quello in cui il fatto viene in considerazione (Cass. n. 428/2019 che richiama un principio già affermato da Cass. n. 15373/2004).
A maggior ragione il principio, che deve essere qui ribadito, consente di ravvisare la giusta causa di recesso qualora, come nella fattispecie, si susseguano fra le medesime parti più rapporti a tempo determinato e vengano in rilievo condotte poste in essere in occasione di uno di detti rapporti, seppure antecedente rispetto a quello in relazione al quale il potere è esercitato.
In tali casi, seppure non sia ravvisabile un illecito disciplinare in senso stretto, che presuppone un inadempimento del dipendente rispetto ai doveri che scaturiscono dal rapporto al quale si riferisce l’intimazione del licenziamento, nondimeno non può essere esclusa la legittimità dell’atto, ove dalla condotta extralavorativa, valutata in relazione a tutti gli aspetti oggettivi e soggettivi del caso concreto, si possa desumere l’‘irrimediabile lesione del vincolo fiduciario, inteso nei termini sopra indicati.