TAR Lazio, sentenza n. 5249 del 27 marzo 2023
L’art.55 bis comma 4 del d.lgs n.165/2001 prevede che il dipendente potrà farsi assistere da un “procuratore” ovvero da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Ne deriva che chiunque (in quanto munito di procura) potrà assistere l’incolpato ed a maggior ragione un legale.
Inoltre il comma 9 bis statuisce che “Sono nulle le disposizioni di regolamento, le clausole contrattuali o le disposizioni interne, comunque qualificate, che prevedano per l’irrogazione di sanzioni disciplinari requisiti formali o procedurali ulteriori rispetto a quelli indicati nel presente articolo o che comunque aggravino il procedimento disciplinare”, ciò che, all’evidenza, conduce a ritenere che, anche laddove il Regolamento o disposizioni interne dell’Amministrazione, fossero preclusive a consentire al deferito l’assistenza di un legate, esse costituirebbero un indubbio aggravamento del procedimento ed andrebbero disapplicate (sia dall’ufficio procedente, che dal giudice, essendo sanzionate direttamente dalla legge, di nullità).
Deve sempre quindi sostenersi la possibilità per il dipendente pubblico sottoposto a procedimento disciplinare di farsi assistere da un legale di sua fiducia se tale richiesta sia stata presentata all’Amministrazione datoriale, come è accaduto nel caso di specie.
In sostanza, è illegittimo il diniego che l’Istituto ha opposto alla richiesta del ricorrente di intervenire accompagnato dal proprio difensore di fiducia.
Né osta all’accoglimento della censura l’eccezione secondo cui il ricorrente non avrebbe chiarito e nemmeno accennato, quale sarebbe stato il contributo del difensore.
All’evidenza, tale argomentazione difensiva sconta un profilo critico insormontabile costituito dal fatto che l’assistenza legale, quale difesa tecnica, non è equiparabile ad una mera garanzia partecipativa-procedimentale, venendo in rilievo l’attività di un professionista che concretizza l’esercizio sostanziale e peculiare di facoltà (argomentative, intellettuali e soggettive) che scaturiscono dall’intuitus personae proprio del rapporto defensionale, non preventivabili ex ante, né risolvibili ex post, in caso di impedito esercizio di difesa, mediante l’assoggettamento della fattispecie ad un procedimento ipotetico e condizionale analogo alla “prova di resistenza”, tipica di un vizio solo formale del procedimento.
Da ciò deriva che il ricorso va accolto in ordine a tale profilo, assorbente di ogni altra doglianza, dal momento che, non essendosi instaurato correttamente il procedimento contenzioso disciplinare, ogni apprezzamento sui contenuti sostanziali di quest’ultimo non potrà essere che affidato alla nuova eventuale riedizione del procedimento stesso, ove ne sussistano i presupposti.