Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria n. 7 del 13 febbraio 2023
In primis, rileva la regola della sospensione degli effetti della incapacità a contrattare, derivanti dall’interdittiva antimafia.
Essa è strumentale al buon fine del controllo giudiziario, nel senso di consentire all’impresa ad esso (volontariamente) sottoposta di continuare ad operare, nella prospettiva finale del superamento della situazione sulla cui base è stata emessa l’interdittiva.
Nella medesima direzione si pone la sospensione del termine fissato dall’art. 92, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, per gli adempimenti prodromici al rilascio dell’informazione antimafia.
L’effetto in questione si giustifica per il venir meno dell’esigenza facente capo all’autorità prefettizia di verificare l’esistenza di tentativi di infiltrazione fintantoché pende il controllo giudiziario, a tale finalità preventiva ugualmente preposto.
Nessuno degli effetti previsti dall’art. 34-bis, comma 7, presuppone tuttavia che il giudizio sull’interdittiva non sia definito, o altrimenti detto rimanga pendente.
Come in precedenza accennato, tali effetti sono del tutto compatibili con la conseguita inoppugnabilità di quest’ultima all’esito del rigetto della relativa impugnazione.
Una volta accertata l’esistenza di infiltrazioni mafiose, quand’anche in via definitiva, si permette nondimeno all’impresa di risanarsi, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria penale.
Il controllo giudiziario sopravviene ad una situazione di condizionamento mafioso in funzione del suo superamento ed al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose.
A questo specifico riguardo, da un lato il rapporto di successione tra i due istituti si coglie con immediatezza laddove il condizionamento mafioso non possa ritenersi definitivamente accertato, pendente la contestazione mossa in sede giurisdizionale contro la ricostruzione dell’autorità prefettizia; dall’altro lato la medesima vicenda successoria di istituti non è comunque impedita quando il condizionamento possa invece ritenersi accertato con effetto di giudicato, con il rigetto dell’impugnazione contro l’interdittiva.
Depone in questo senso – oltre al dato testale della legge, già di per sé decisivo – proprio la funzione risanatrice del controllo giudiziario, la quale muove dal presupposto accertato dal Prefetto in sede di informazione antimafia, ma si basa su un’autonoma valutazione prognostica del Tribunale della prevenzione penale che si propone di pervenire al suo superamento, quando il grado di condizionamento mafioso non sia considerato a ciò impeditivo, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.
18. Come in precedenza accennato, sul piano del diritto positivo la tesi opposta è invece contraddetta dalla sospensione degli effetti tipici dell’interdittiva dal sopra richiamato art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, oltre che dal fatto che il precedente comma 6 non richiede che il giudizio di impugnazione contro l’interdittiva, pendente il quale può essere chiesto il controllo giudiziario, tale rimanga per tutta la durata di quest’ultimo: sotto tale profilo rileva il principio di legalità.
La medesima tesi non è praticabile sul piano logico-sistematico, in cui la funzione di risanamento tipica del controllo giudiziario è venuta oggi ad arricchire quella di generale ordine preventivo cui era informata il sistema informativo antimafia, e che dunque è destinata ad operare non solo in presenza di ipotesi di condizionamento mafioso, ma anche e con maggior impellenza quando quest’ultimo non sia più in contestazione.
19. Il correttivo suggerito dall’ordinanza di rimessione di disporre la sospensione del giudizio di impugnazione contro l’interdittiva prefettizia giungerebbe inoltre a snaturare la funzione tipica del processo, da ‘strumento di tutela’ delle situazioni giuridiche soggettive ed attuazione della legge, a mero ‘strumento per l’attivazione di ulteriori mezzi di tutela’.
Inoltre, verrebbe alterata la funzione della sospensione del processo.
Da strumento preventivo rispetto al rischio di contrasto di giudicati, secondo una logica interna all’ordinamento processuale basata sulla sua unitarietà e sul principio di non contraddizione, la sospensione del giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia per tutta la durata del controllo giudiziario porrebbe impropriamente a carico del processo, contraddistinto dall’autonomia dell’azione rispetto alla situazione sostanziale che con essa si vuole tutelare, la realizzazione di obiettivi di politica legislativa, esorbitanti dai compiti del giudice, nella sua soggezione alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.).
20. Si determinerebbe così un’applicazione dell’istituto eccedente il presupposto della pregiudizialità-dipendenza previsto dall’art. 295 del cod. proc. civ., da considerarsi tassativo nella misura in cui la sospensione si determina una potenziale lesione del principio di ordine costituzionale della ragionevole durata del processo (oggi sancito per il processo amministrativo dall’art. 2, comma 2, del cod. proc. amm.), tale per cui essa viene disposta in ogni caso e solo quando il giudice davanti cui è stata proposta una domanda o un altro giudice «deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa».
Nessun rapporto di pregiudizialità-dipendenza è invece ravvisabile tra il giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia e il controllo giudiziario, al di là di quello individuabile in sede di verifica dei presupposti di quest’ultimo. Ad esso segue tuttavia un’attività di carattere prescrittivo e gestorio orientata al risanamento dell’impresa indifferente all’esito del giudizio sulla legittimità dell’interdittiva in ragione degli effetti sospensivi previsti dal parimenti più volte richiamato art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto sui primi due quesiti dell’ordinanza di rimessione: ‘la pendenza del controllo giudiziario a domanda ex art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non è causa di sospensione né del giudizio di impugnazione contro l’informazione antimafia interdittiva, né delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall’art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria un’informazione antimafia interdittiva’.