Consiglio di Stato, sentenza n. 11063 del 19 dicembre 2022
In relazione al primo motivo, è decisivo ribadire quanto sostenuto dalla Sezione in una pronuncia (n. 7014 del 2022) di recente resa su fattispecie del tutto simile alla presente, ovvero che “il bando in questione (pur non “escludente” nella clausola contestata, la quale imponeva di dichiarare i precedenti penali senza riconnettere l’automatica esclusione alla stessa loro esistenza) onerava all’immediata impugnazione della relativa clausola coloro che non avessero voluto ottemperarvi, considerandola lesiva nei propri riguardi (in tal caso ovviamente l’omissione dichiarativa sarebbe rimasta legittimata, o meno, dagli esiti dell’impugnazione). Invece tale atto non è stato impugnato se non, tardivamente, in occasione della successiva esclusione degli odierni appellanti, intervenuta con un provvedimento d’autotutela sulla graduatoria finale, originato dalla rilevata omissione dichiarativa”.
L’effetto automaticamente escludente qui controverso è derivato, dunque, non già dall’esistenza dei precedenti penali ma, per quanto previsto dall’art. 6 del bando, dall’irregolarità o incompletezza della domanda di partecipazione nella parte in cui ha mancato di dare conto dei precedenti penali coperti dal beneficio della “non menzione”.
Del resto, l’art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000 (richiamato dall’art. 6 del bando) sancisce che la non veridicità di quanto descritto nella dichiarazione sostitutiva implica la decadenza dai benefici ottenuti col provvedimento conseguente a tale dichiarazione, senza alcun margine di discrezionalità per l’amministrazione, per la cui applicazione si prescinde dalla condizione soggettiva del dichiarante (v., ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, n. 8920 del 2019).
Nel caso di specie, era dunque già tracciato e noto al concorrente il percorso che avrebbe condotto – in presenza di dichiarazioni incomplete e comunque non conformi alle richieste del bando – alla sua esclusione della gara. Specularmente, era onere della stessa parte attivarsi immediatamente avverso la lex specialis, onde rimuovere la clausola dichiarativa contestata (art. 4 punto 5) ed evitare di incorrere nell’esclusione dalla procedura, altrimenti già prefigurata nel bando medesimo in quanto necessitata dalla combinata integrazione della stessa clausola con la dichiarazione omissiva.
Nel merito della questione di legittimità della clausola, appare poi dirimente il rilievo, contenuto nella decisione impugnata, per cui ai fini della procedura in questione anche un reato non menzionato poteva essere rilevante nella valutazione della p.a. (e infatti il bando imponeva detta indicazione anche nei casi di intervenuta concessione del beneficio della non menzione). Come noto, il beneficio della non menzione rileva unicamente nei rapporti tra privati e non può invece essere invocato nei rapporti con la P.A. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 508 del 2010).
Detta salvaguardia vuole evitare di imporre all’amministrazione una generale e preventiva valutazione legislativa di non rilevanza delle condanne che il giudice penale abbia ritenuto meritevoli della non menzione. Una simile imposizione, infatti, si rivelerebbe non ragionevole proprio nei casi in cui l’acquisizione del certificato completo di tutte le iscrizioni corrisponda all’interesse della pubblica amministrazione, ovvero alla sua esigenza di valutare in modo completo e penetrante ogni profilo di affidabilità dei soggetti che vengono in contatto con essa.
Nel caso di specie appare insindacabile, perché esente da vizi di irragionevolezza, la scelta dell’amministrazione di onerare i partecipanti di indicare tutti i propri precedenti penali, nessuno escluso, onde prenderne cognizione e farli oggetto di valutazione, come puntualmente osservato dall’impugnata sentenza.