Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, sentenza n. 329 del 23 maggio 2023
La Procura regionale ha attribuito la responsabilità dei danni cagionati al OMISSIS in capo ai soli sanitari ed escluso ogni coinvolgimento diretto dell’Azienda sanitaria, in presenza di criticità, negligentemente sottovalutate dai sanitari, la cui condotta “attendista” non poteva essere condizionata neppure dalle linee guida interne favorevoli ad incentivare il metodo del OMISSIS, dovendo in piena autonomia valutare la situazione già compromessa in cui versava la paziente ed adottare la soluzione più congrua per evitare conseguenze dannose al OMISSIS.
In merito, il Collegio ritiene che abbia concorso al danno anche l’Azienda sanitaria, che ha preso in carico la paziente, coinvolta nella vicenda.
Infatti, la predisposizione di linee guida all’interno dell’ospedale favorevoli ai OMISSIS per disincentivare il ricorso al OMISSIS, anche per le incertezze correlate all’impiego della OMISSIS, quale metodo diagnostico sicuro, fa ragionevolmente ritenere che, nella specie, la scelta di ritardare il OMISSIS dell’OMISSIS fosse riconducibile in parte alle decisioni organizzative e di politica sanitaria compiute dalla struttura, che suggerivano di praticare il OMISSIS soltanto in casi estremi, senza peraltro tenere in debito conto le ipotesi in cui emergessero dai tracciati OMISSIS e dalle ulteriori circostanze del singolo caso fattori che imponessero, invece, di privilegiarlo, come poi dimostrato dai consulenti d’ufficio, nel caso di specie (Sentenza n.OMISSIS). Pertanto, va riconosciuta la corresponsabilità dell’Azienda sanitaria nella causazione del sinistro occorso al OMISSIS, da quantificarsi nella misura pari al 30% del risarcimento del danno liquidato ai genitori del minore.
Con riferimento alla posizione dei sanitari, si impongono alcune considerazioni di carattere generale attinenti alla natura della responsabilità di equipe e all’elemento soggettivo della colpa grave che connota la responsabilità amministrativa.
Con riferimento al primo aspetto, che coinvolge altresì il principio dell’affidamento che comporta l’assunzione di un ruolo di garanzia che assumono i medici e/o gli ausiliari che intervengono in modo diacronico l’uno successivamente all’altro nella cura del paziente, in base al quale ciascun compartecipe deve concentrarsi sui compiti affidatigli e a confidare che gli altri eseguano correttamente l’attività loro assegnata, in difetto rispondendo in via esclusiva della propria condotta colposa, ritenuto altresì che ogni sanitario sia tenuto ad osservare, oltre che le regole di diligenza, prudenza e perizia proprie delle specifiche mansioni svolte, anche obblighi ulteriori di informazione e di controllo sull’operato degli altri, al fine di individuare eventuali errori da loro commessi, nei limiti in cui gli stessi siano da lui conoscibili ed emendabili, il sanitario non può esimersi dal conoscere e valutare l’attività precedente e contestuale svolta dagli altri colleghi e dal controllarne la correttezza, quantomeno quando la condotta colposa del collega si concretizzi nell’inosservanza delle leges artis che costituiscono il bagaglio professionale di ciascun medico. A maggior ragione, egli dovrà, inoltre, verificare e correggere eventuali errori commessi da altri che implichino l’impiego delle leges artis proprie del suo specifico settore specialistico, giacché in siffatta ipotesi, così come in quella precedente, l’errore altrui sarà certamente prevedibile ed evitabile anche da parte sua. In questo contesto, nella fase dell’avvicendamento tra i sanitari assume peculiare rilevanza “un passaggio delle consegne efficiente ed informato”, dovendo essere il garante successivo posto nella condizione di intervenire con piena cognizione di causa nella cura del paziente. Solo quando il garante originario abbia, dunque, assolto questo obbligo di informazione nei confronti del garante successivo, potrà validamente invocare in suo favore il principio di affidamento, avendo egli correttamente dismesso i suoi doveri con il passaggio del paziente sotto la gestione e la cura del sanitario successivo (cfr. ancora Cass. pen. n. 22007/2018).
Dalla attenta disamina degli atti di causa, dalla cronologia degli eventi e dai comportamenti di ciascuno dei soggetti evocati in giudizio appaiono evidenti discrasie rispetto al corretto adempimento degli obblighi di corretta informazione e di leale collaborazione, oltre che di reali “consegne” tra i sanitari intervenuti nella gestione del OMISSIS della paziente da cui sono derivate palesi conseguenze pregiudizievoli sul risultato finale.
Con riferimento all’elemento soggettivo della colpa grave, il collegio, in base agli atti processuali, ritiene che ne sia raggiunta la prova per tutti i convenuti.
Secondo la concezione normativa della colpa prevalente in dottrina e giurisprudenza, l’essenza della responsabilità colposa è sintetizzabile nel riferimento alla prevedibilità dell’evento lesivo e alla sua evitabilità attraverso l’osservanza della regola cautelare violata ( sez. Piemonte n. 29/2017).
In base ai detti principi, la responsabilità per colpa grave dei sanitari richiede la ricorrenza di imperizia e negligenza in misura grave in relazione al grado di diligenza richiesto. La colpa grave consiste nella violazione della diligenza minima: l’inosservanza di quel minimo di nozioni e tecniche diagnostiche e terapeutiche dettate dalla scienza medica secondo il livello raggiunto dalla ricerca e impiegato normalmente nella pratica nosografica.
Nello specifico, al medico è richiesto “impegno scrupoloso, impegno superiore alla media, uso di tutte le tecniche dettate dalla scienza clinica e di ogni altro accorgimento suggerito dalla comune esperienza” (cfr. Sicilia n.2163/2008; Toscana n. 802/2007).
Nella specie, la mancanza di cautele, costituenti lo standard minimo di diligenza richiesto ai professionisti coinvolti, in relazione ai quali il collegio ritiene configurato l’elemento soggettivo della colpa grave, appare incentrata, così come accertato dai CC.TT.UU., dalla protrazione della decisione di procedere chirurgicamente, che ha causato l’anomalo e pericoloso allungamento del periodo OMISSIS, le cui gravissime conseguenze sul OMISSIS non potevano non essere note ai sanitari cui la OMISSIS era affidata.
Così si esprime in merito la CTU nelle conclusioni: ”Sicuramente vi è stata una non corretta e soprattutto intempestiva sottovalutazione dei segnali di sofferenza OMISSIS tale da provocare danni OMISSIS importanti e permanenti al OMISSIS…” (CTU pag. 51-52), di cui ha attribuito la responsabilità medica agli odierni convenuti coinvolti nella gestione del OMISSIS.