Corte Costituzionale, sentenza n. 101 del 23 maggio 2023
Con ordinanza del 25 luglio 2022, iscritta al n. 113 del registro ordinanze 2022, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima ter, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 32, commi 7 e 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, nella parte in cui, secondo l’interpretazione assunta quale diritto vivente, dispone «la retrocessione degli utili alle stazioni appaltanti» in caso di definitività del provvedimento di informativa antimafia che abbia attinto l’impresa appaltatrice in corso di esecuzione del contratto e che, in ragione della necessità del suo completamento, sia stata sottoposta alla misura della «gestione straordinaria e temporanea».
La ricostruzione ermeneutica delle disposizioni censurate supera ogni profilo di contrasto con i parametri evocati (artt. 3, 23, 41 e 42 Cost.) oltre che con il pur pertinente principio di legalità.
In primo luogo, il riversamento delle somme accantonate in favore dell’impresa interdetta che le ha prodotte, con sola riduzione fondata sulla dinamica contrattuale secondo il combinato disposto dell’art. 32, comma 7, del d.l. n. 90 del 2014, come convertito, e dell’art. 94, comma 2, cod. antimafia, trova chiaro fondamento in norme primarie.
Ciò, innanzi tutto, integra quella «base legale» richiesta dal dettato costituzionale agli artt. 41 e 42 Cost. (per tutte, rispettivamente, sentenze n. 113 del 2022 e n. 24 del 2019), oltre che dall’ art. 1 del Protocollo addizionale CEDU, secondo l’interpretazione datane dalla Corte EDU, per fondare i limiti alla libertà di impresa e al diritto di proprietà.
Del pari, in applicazione del principio di legalità posto a presidio dell’attività dell’amministrazione (sentenze n. 12 del 2019, n. 115 del 2011 e, per lo specifico caso dell’informazione antimafia, n. 57 del 2020), si evita di estendere gli effetti restrittivi dell’interdittiva oltre ai casi legislativamente previsti: il pagamento del valore nei limiti dell’utilità per la prestazione contrattualmente resa è erogazione pubblica sottratta al divieto sancito dall’art. 94, comma 1, cod. antimafia in quanto espressamente fatta salva dagli artt. 92, comma 3, e 94, comma 2, cod. antimafia (Consiglio di Stato, sentenze n. 14 del 2021 e n. 23 del 2020).
In conclusione, le disposizioni censurate si prestano a una interpretazione diversa da quella posta a base dei prospettati dubbi di legittimità costituzionale e conforme a Costituzione; da qui la non fondatezza, nei sensi indicati, delle questioni sollevate.