Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza n. 367 del 25 maggio 2023
L’appellante censura il mancato accoglimento sia della domanda di pagamento del trattamento economico non percepito dal 24 marzo 2009 al 31 agosto 2015 (data di riammissione in servizio) per effetto dei provvedimenti cautelari e disciplinari annullati dal giudice amministrativo, sia delle plurime domande di risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, dichiaratamente subìti in conseguenza dei medesimi illegittimi provvedimenti.
Il motivo di appello riferito al mancato pagamento dei trattamenti economici non percepiti dal 24 marzo 2009 al 31 agosto 2015 è fondato.
Il TAR, con la sentenza appellata, ha dichiarato improcedibile la predetta domanda del ricorrente ritenendo che, essendo stato il ricorrente riammesso in servizio dopo l’annullamento giurisdizionale del provvedimento di destituzione annullato dal giudice amministrativo ed avendo quest’ultimo cessato di appartenere all’Amministrazione resistente, l’interesse a coltivare la domanda dipendeva esclusivamente dall’esito del ricorso RG 1571 del 2016 proposto avverso i “nuovi” provvedimenti disciplinari irrogati dall’Amministrazione in sede di riesercizio del potere.
La conclusione sul punto raggiunta dal TAR non può essere condivisa dal Collegio.
Per indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. II, 21 gennaio 2022, n. 394; Id., 16 marzo 2022, n. 1854) in caso di annullamento giurisdizionale di provvedimenti cautelari o disciplinari che hanno comportato effetti negativi sul rapporto di servizio del pubblico dipendente, sia in termini giuridici che economici, l’Amministrazione datrice di lavoro è tenuta alla restitutio in integrum, di talché il dipendente ha diritto a vedersi attribuire la retribuzione per i periodi di lavoro non prestato a causa dell’illegittima sospensione o interruzione del rapporto di servizio.
Nel caso di specie, è pacifico che l’appellante sia stato riammesso in servizio dopo l’annullamento del provvedimento di destituzione, ma – in ossequio all’indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato – avrebbe dovuto percepire tutte le retribuzioni per i periodi in cui il suo rapporto di lavoro è stato illegittimamente sospeso in virtù dei provvedimenti di sospensione cautelare e disciplinare e, successivamente, interrotto con il provvedimento di destituzione (da esse potendo detrarsi, ossia compensarsi, unicamente gli importi corrispondenti alle sanzioni pecuniarie successivamente inflitte al ricorrente e non annullate in questa sede; nonché, ovviamente, gli importi degli assegni alimentari che furono pagati al dipendente durante i periodi di sospensione).
Pertanto, in accoglimento dello specifico motivo di appello, la sentenza appellata deve essere riformata, qui accertandosi l’obbligo dell’Amministrazione di pagare tutte le retribuzioni spettanti all’appellante per il periodo dal 24 marzo 2009 al 31 agosto 2015, detraendo da detti importi quanto già percepito dall’appellante a titolo di assegno alimentare ed eventualmente compensando con tale debito i crediti dell’amministrazione per l’esazione delle sanzioni pecuniarie successivamente irrogate e qui impugnate, ma non annullate.