Il rinvio a giudizio per corruzione di tre impiegati può comportare la revoca (parziale o totale) dei finanziamenti europei

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza dell’8 giugno 2023 nella causa C‑545/21

X, in qualità di amministrazione aggiudicatrice e beneficiaria di un finanziamento, ha bandito una procedura di gara ristretta. All’esito di tale procedura, con decisione dell’8 agosto 2012, tale appalto è stato aggiudicato a un raggruppamento temporaneo di imprese. L’opera è stata ultimata e la strada aperta al traffico.

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dopo essere venuto a conoscenza di un’indagine penale che metteva in luce un potenziale sistema corruttivo che coinvolgeva funzionari dell’X, ha ordinato, con decisione del 10 giugno 2020, il recupero delle somme già erogate in suo favore, a titolo di detto programma. Ha anche dichiarato che il residuo non ancora erogato non era dovuto, per il motivo che l’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi doveva essere considerata viziata da un’irregolarità con carattere di frode, ai sensi dell’articolo 2, punto 7, del regolamento n. 1083/2006 nonché degli articoli 4 e 5 del regolamento n. 2988/95.

Tale decisione è fondata segnatamente sul rinvio a giudizio di tre funzionari dell’X, di cui due erano membri della commissione di gara, composta da cinque membri. Viene contestato loro di aver accettato somme di denaro in cambio di favoritismi nel corso della procedura di gara. Procedimenti penali per atti di corruzione sono ancora pendenti nei confronti del rappresentante legale dell’Aleandri e di detta società, in quanto tale.

L’X ha proposto ricorso

La Corte ha premesso che l’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d), della della direttiva 2004/18 è così formulato:

«Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico: d)      che, nell’esercizio della propria attività professionale, abbia commesso un errore grave, accertato con qualsiasi mezzo di prova dall’amministrazione aggiudicatrice».

L’articolo 2 della decisione C(2013) 9527 final della Commissione, del 19 dicembre 2013, relativa alla fissazione e all’approvazione degli orientamenti per la determinazione delle rettifiche finanziarie che la Commissione deve applicare alle spese finanziate dall’Unione, nell’ambito della gestione concorrente in caso di mancato rispetto delle norme in materia di appalti pubblici (in prosieguo: gli «orientamenti del 2013»), dispone che tale istituzione «nel procedere alle rettifiche finanziarie connesse alle irregolarità rilevate dopo la data di adozione della presente decisione applic[hi] gli orientamenti stabiliti nell’allegato».

Il punto 1.3 dell’allegato agli orientamenti del 2013 così recita:

«I presenti orientamenti definiscono una gamma di rettifiche (5%, 10%, 25% e 100%) da applicare alle spese relative ad un appalto. Essi tengono conto della gravità dell’irregolarità e del principio di proporzionalità. Questi tassi di rettifica sono applicati quando non è possibile quantificare con precisione le implicazioni finanziarie per l’appalto di cui trattasi.

Una rettifica finanziaria del 100% può essere applicata per i casi più gravi, quando l’irregolarità favorisce determinati offerenti/candidati o è connessa a una frode accertata da un’autorità giudiziaria o amministrativa competente».


 Alla luce dei motivi suesposti, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 2, punto 7, del regolamento n. 1083/2006 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «irregolarità», ai sensi di tale disposizione, comprende comportamenti che possono essere qualificati come «atti di corruzione» praticati nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico avente ad oggetto la realizzazione di lavori cofinanziati da un fondo strutturale dell’Unione e per i quali è iniziato un procedimento amministrativo o giudiziario, anche quando non è provato che tali comportamenti abbiano avuto una reale incidenza sulla procedura di selezione dell’offerente e non è stato accertato alcun danno effettivo al bilancio dell’Unione.

  Tenuto conto dei motivi che precedono, si deve rispondere alla terza e alla quarta questione dichiarando che l’articolo 98, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1083/2006, deve essere interpretato nel senso che, in caso di «irregolarità», quale definita dall’articolo 2, punto 7, di tale regolamento, esso impone agli Stati membri, al fine di determinare la rettifica finanziaria applicabile, di procedere a una valutazione caso per caso, nel rispetto del principio di proporzionalità, prendendo segnatamente in considerazione la natura e la gravità delle irregolarità constatate nonché la loro incidenza finanziaria per il fondo interessato.

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