Corte di Cassazione, sentenza n. 9148 del 31 marzo 2023
La ricorrente si era resa responsabile dello svolgimento senza autorizzazione di attività infermieristiche all’esterno dell’organizzazione datoriale, per un lungo periodo pluriennale ed essa aveva sporto denuncia presso il medesimo datore di lavoro, rispetto ad analoghe condotte di altri colleghi.
Raggiunta da un provvedimento pregiudizievole per le attività prestate senza autorizzazione, ha eccepito l’applicazione della protezione del whistleblower.
La Suprema Corte ha specificato che la fattispecie delineata dall’art. 54-bis esclude dal proprio novero le condotte calunniose o diffamatorie (poi, secondo il testo novellato dalla legge n. 179 del 2017, in presenza almeno di colpa grave), per ricomprendere invece le segnalazioni effettuate dal dipendente ai propri superiori di illeciti altrui, con l’effetto di impedire che il medesimo, in ragione di tali segnalazioni, possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure direttamente o indirettamente discriminatorie aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati in modo diretto o indiretto alla denuncia.
L’applicazione al dipendente di una sanzione per comportamenti illeciti suoi propri resta dunque al di fuori della copertura fornita dalla norma, che non esime da responsabilità chi commetta un illecito disciplinare per il solo fatto di denunciare la commissione del medesimo fatto o di fatti analoghi ad opera di altri dipendenti; ciò è già nel testo della norma interna, ma anche le fonti internazionali che stanno alla base dell’istituto orientamento nel medesimo senso;