Corte di Cassazione, ordinanza n. 14648 del 25 maggio 2023
Rispetto alla questione degli interessi corrispettivi dovuti dalla p.a. per debiti liquidi ed esigibili che pure viene in rilievo nel presente giudizio non si ravvisa la stessa uniformità di orientamenti all’interno della giurisprudenza di legittimità. Ed invero, la questione è stata di recente affrontata da questa sezione giungendosi a soluzioni non omogenee.
Per un verso, Cass.n.11655/2020, superando il tradizionale orientamento favorevole a condizionare la liquidità ed esigibilità del debito della p.a. alla emissione del titolo di spesa secondo la disciplina del Regio Decreto n. 827 del 1924, articolo 269 ha ritenuto che i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici diventano liquidi ed esigibili e perciò produttivi di interessi corrispettivi, ai sensi dell’art. 1282 c.c., quando ne sia determinato l’ammontare e se ne possa ottenere alla scadenza il puntuale adempimento, a prescindere dal procedimento contabile di impegno e ordinazione della spesa (cd. titolo di spesa), che, trattandosi di una regola di condotta interna della P.A., costituisce operazione esterna alla fattispecie costitutiva dell’obbligazione logicamente posteriore al suo perfezionamento-cfr.Cass.n.11655/2020-.
Tale indirizzo ha preso le mosse da precedenti approdi interpretativi delle Sezioni unite. Queste ultime, pur occupandosi di obbligazioni pecuniarie assunte con contratto privatistico, avevano avuto modo di affermare che “non è esatto che i debiti dello Stato e degli altri enti pubblici divengano liquidi ed esigibili, e perciò produttivi di interessi, solo quando la relativa spesa sia stata ordinata con l’emissione del mandato di pagamento ai sensi dell’art. 270, del regolamento sulla contabilità generale dello Stato e, comunque, dopo gli altri adempimenti imposti dalle norme organizzative interne degli enti stessi.
In realtà, il credito pecuniario verso la p.a. diviene liquido ed esigibile, come ogni altro credito verso soggetti privati, in conformità alle norme comuni del codice civile, quando cioè ne sia determinato l’ammontare e se ne possa ottenere, alla scadenza, il puntuale adempimento. Conclusione alla quale si era giunti rilevando che la normativa di diritto comune circa le obbligazioni pecuniarie, il loro adempimento e le relative conseguenze (artt. 1224 c.c. e segg., art. 1282 c.c.) si estende anche ai debiti contratti con negozi di diritto privato, dallo Stato e dagli altri enti pubblici in assenza di espressa deroga, non potendo il diritto del privato all’esatto e tempestivo adempimento essere sacrificato dall’esigenza, per l’ente pubblico, di rispettare determinate procedure prescritte per l’emissione del titolo di spesa. Principi pure ribaditi da Cass., S.U. n.3934/1985.
Ora, secondo Cass.n.11655/2020 gli argomenti spesi a sostegno della necessità del titolo di spesa non appaiono persuasivi ed anzi risultano contraddittori, in ragione della natura soltanto regolamentare della disciplina in tema di contabilità pubblica, della particolare collocazione della procedura contabile, a valle dell’obbligazione civilistica soggetta quanto alla sua insorgenza alla disciplina del codice civile e per di più incoerente rispetto alla ritenuta possibilità di riconoscere interessi moratori in assenza di emissione del titolo contabile.
Tale indirizzo, poi richiamato incidentalmente da Cass. civ. I sez. sent. n.29776/2020 -che tuttavia non ha affrontato specificamente la questione qui rilevante- non è stato condiviso da altra ordinanza di questa sezione. Ed infatti, in diverso avviso rispetto alla questione qui rilevante si è affermato che in tema di crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici, ai fini della decorrenza gli interessi corrispettivi presuppongono che il debito sia divenuto liquido all’esito del procedimento amministrativo culminato nel mandato di pagamento, dall’emissione del quale, viceversa, prescindono, ai medesimi fini, gli interessi moratori in ipotesi di colpevole ritardo nell’espletamento della procedura di liquidazione – cfr.Cass.n.118/2023-.
In tale circostanza si è ritenuto che il credito pecuniario vantato nei confronti della P.A. non può ritenersi liquido ed esigibile, e quindi non può produrre interessi corrispettivi, fino a quando la stessa amministrazione non abbia emesso il titolo di spesa, in conformità a quanto previsto dall’art. 270 del r.d. n. 827 del 1924. E si è pure aggiunto di non condividere il diverso orientamento espresso da Cass. n. 11655/2020, “rimanendo più convincente e appropriato l’orientamento maggioritario attestato sulla differenza, per gli effetti che ne conseguono a proposito del debito da interessi, dei fini del debitore pubblico rispetto a quello privato; differenza alla quale sono funzionali le più complesse procedure di verifica della inerenza e della effettiva corrispondenza della prestazione alle previsioni di spesa alle quali è funzionale il procedimento afferente”. Sulla base di tali premesse, Cass.n.118/2023 ha quindi concluso affermando che “ove venga in questione il rapporto con la pubblica amministrazione, la nozione di “liquidità” del credito va intesa in un’accezione peculiare, essendo effetto del completamento del procedimento amministrativo di liquidazione, lontana, dunque, dalla nozione comune desumibile dall’art. 1282 cod. civ.”.
In ragione del rilevato contrasto interno a questa Sezione, idoneo a refluire sul presente giudizio, nel quale pure è in discussione la questione della rilevanza della legislazione interna in tema di pagamenti della pubblica amministrazione rispetto all’obbligazione derivante sulla stessa in dipendenza di rapporti disciplinati fonti comunitarie, ritiene il Collegio doverosa la decisione della presente causa in pubblica udienza