TAR Sicilia, sentenza n. 2406 del 20 luglio 2023
L’art. 52, co. 1-bis, d.lgs. n. 165/2001, come si è visto, non prevede più alcuna riserva di posti per il personale interno.
L’anzidetta riserva, a ben vedere, era coerente con la ratio della precedente formulazione della norma, che imponeva il concorso pubblico quale strumento di progressione tra le aree. Ove tale concorso fosse stato aperto a personale esterno all’Amministrazione, quest’ultima ben avrebbe potuto (e, comunque, non dovuto) tutelare il proprio personale tramite una riserva di posti, così da favorire lo sviluppo delle professionalità interne alla medesima.
Attualmente, invece, la progressione tra le aree avviene tramite procedura comparativa basata su elementi che valorizzano l’esperienza e la preparazione del dipendente (le valutazioni conseguite negli ultimi tre anni di servizio; l’assenza di provvedimenti disciplinari; il possesso di titoli o competenze professionali e di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area; il numero e la tipologia degli incarichi rivestiti). Di talché la riserva è prevista, al contrario, in favore di soggetti esterni che, pur se meritevoli, potrebbero non accedere mai alle aree più elevate dell’Amministrazione ove questa utilizzasse, per l’accesso alle medesime, il solo strumento delle progressioni di personale interno tramite procedure comparative (queste sì, riservate al personale interno).
L’esistenza di una procedura comparativa che segue logiche del tutto distinte dal concorso pubblico è, evidentemente, indice del fatto che l’Amministrazione non può considerarsi in alcun modo obbligata a prevedere la riserva di posti per il personale interno (come del resto affermato, seppure in sede cautelare, dal C.G.A.R.S. con l’ordinanza n. 213 del 26 maggio 2022).
A ben vedere, anzi, l’inserimento di una simile previsione potrebbe risultare di dubbia legittimità, avuto presente che, in tal modo, il personale interno avrebbe due strumenti privilegiati di accesso alle qualifiche più elevate nell’Amministrazione di appartenenza, ovvero le procedure comparative e la riserva di posti nei concorsi pubblici, ferma – ovviamente – la possibilità di partecipare, al pari di qualunque soggetto esterno all’Amministrazione che sia in possesso delle qualifiche necessarie, anche alle selezioni “esterne”, con ciò rischiando di frustrare eccessivamente le legittime aspettative di soggetti meritevoli ma non già alle dipendenze della P.A. che ha bandito il concorso.
Orbene, non può fondatamente ritenersi che la mancata – espressa – abrogazione dell’art. 24, d.lgs. n. 150/2009, all’esito della riforma dell’art. 52, co. 1-bis, d.lgs. n. 165/2001, riguardante quest’ultima proprio la riserva di posti per il personale interno, comporti – in un sistema radicalmente mutato di progressioni di carriera per il suddetto personale – la persistenza di un qualche obbligo di riserva in capo all’Amministrazione. Soprattutto tenuto conto dell’espresso richiamo operato dall’art. 24, d.lgs. n. 150/2009, all’art. 52, co. 1-bis, d.lgs. n. 165/2001 e, quindi, al relativo sistema di avanzamento del personale interno all’Amministrazione.
In altre parole, se tale richiamo (e la conseguente riserva di posti non superiore al cinquanta percento) aveva senso nel contesto normativo antecedente la riforma dell’art. 52, co. 1-bis, d.lgs. n. 150/2009, non può – oggi – ritenersi che siffatta disposizione imponga all’Amministrazione una riserva di posti che non ha più ragione d’esistere e che, ove apposta, potrebbe giustificare più di un dubbio in ordine alla sua persistente legittimità.
L’implicita abrogazione in parte qua dell’art. 24, d.lgs. n. 150/2009, a seguito delle modifiche intervenute sull’art. 52, co. 1-bis, d.lgs. n. 165/2001, non può, quindi, giustificare alcuna imposizione di una riserva di posti in favore del personale interno