Corte di Cassazione, Seconda sezione penale, sentenza n. 29047 dep. il 5 luglio 2023
I fatti concernevano l’imposizione, in sede di assunzione di lavoratrici presso una società che gestiva servizi di assistenza socio sanitaria, di condizioni economiche di lavoro palesemente inique e contrarie alle disposizioni a tutela delle lavoratrici (vedendo negati i diritti alle ferie, il rispetto degli orari di lavoro, le assenze retribuite) che erano costrette ad accettare per situazioni personali di bisogno; tali condizioni inique perduravano anche a fronte delle rimostranze delle lavoratrici, che si vedevano porre quale unica alternativa quella dell’interruzione del rapporto di lavoro.
Il principio richiamato dal provvedimento impugnato è certamente in sintonia con l’ orientamento della Corte di Cassazione, secondo il quale non ricorre l’ipotesi del delitto di estorsione quando il datore di lavoro, al momento dell’assunzione, prospetti agli aspiranti dipendenti l’alternativa tra la rinunzia, anche parziale, della retribuzione e la perdita dell’opportunità di lavoro, difettando il requisito dell’altrui danno – in ragione della preesistente condizione di disoccupazione per i lavoratori (che dovrebbero assumere la veste di persone offese), rispetto alla quale il conseguimento di un’opportunità di impiego rappresenta un dato patrimonialmente positivo – (Sez. 6, n. 6620 del 03/12/2021, dep. 2022, Giovinazzo, Rv. 282903 – 01; Sez. 2, n. 21789 del 04/10/2018, dep. 2019; Roscino, Rv. 275783 – 09).
Allo stesso tempo, è costante l’affermazione della sussistenza degli estremi del delitto di estorsione nelle condotte mediante le quali il datore di lavoro, per costringere i dipendenti ad accettare modifiche del rapporto di lavoro, in senso peggiorativo per le condizioni dei lavoratori, prospetti alla vittima la conseguenza – in caso di mancata adesione alle proposte di modifica delle condizioni originariamente pattuite – dell’interruzione del rapporto (mediante licenziamento o presentazione “forzata” di dimissioni: Sez. 2, n. 3724 del 29/10/2021, dep. 2022, Lattanzio, Rv. 282521 – 0; Sez. 2, n. 11107 del 14/02/2017, Tessitore, Rv. 269905 – 0; Sez. 2, n. 50074 del 27/11/2013, Bleve, Rv. 257984 – 0).
Emerge, dunque, dalla lettura comparata dei ricordati orientamenti come il discrimine che segna il confine tra ipotesi di opportunistica ricerca di forza lavoro tra categorie di soggetti in attesa di occupazione e condotte riconducibili al paradigma del delitto di estorsione è rappresentato dall’esistenza di un rapporto di lavoro già in atto, pur se solo di fatto o non conforme ai tipi legali, rispetto al quale integra il fatto tipico del delitto di cui all’art. 629 cod. pen. la pretesa di ottenere vantaggi patrimoniali da parte del datore di lavoro, attraverso la modifica in senso peggiorativo delle previsioni dell’accordo concluso tra le parti, destinate a regolare gli aspetti aventi rilevanza patrimoniale, prospettando l’interruzione del rapporto (attraverso il licenziamento del dipendente o l’imposizione delle dimissioni).
Il vantaggio perseguito (costituente ingiusto profitto) può essere rappresentato non solo da modificazioni delle pattuizioni contrattuali che riducano o eliminino diritti del lavoratore (ciò che costituisce il danno subito dalla persona offesa) consentendo al datore di lavoro risparmi di spesa o minori esborsi, ma anche dall’imposizione di formule contrattuali che, simulando la regolamentazione del rapporto in termini difformi da quelli reali e riconoscendo al dipendente livelli retributivi e indennità in realtà non corrisposte, comporta per il datore di lavoro il vantaggio di impiegare dipendenti con condizioni contrattuali apparentemente rispettose delle norme inderogabili a tutela dei diritti dei lavoratori, mentre costoro sono costretti a subire conseguenze patrimoniali negative (ad esempio, risultando percettori di redditi in misura superiore a quella reale, con i connessi obblighi tributari: per l’ipotesi della sottoscrizione di buste paga attestanti il pagamento di somme maggiori rispetto a quelle effettivamente versate, Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261553 – 01)