Consiglio di Stato, sentenza n. 7727 del 10 agosto 2023
La Corte di Giustizia, con sentenza della Sezione VI depositata in data 27.10.2022 resa nelle cause riunite C-68/21 e C-84/21, si è pronunciata sulle sopra indicate questioni pregiudiziali, statuendo che:
“1) L’articolo 10, paragrafo 2, l’articolo 19, paragrafo 1, e l’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro), devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a che un’amministrazione aggiudicatrice possa accettare, nell’ambito di una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, un’offerta con cui vengono proposti componenti rientranti in un tipo di componente contemplato dagli atti normativi di cui all’allegato IV alla direttiva 2007/46, non accompagnata da un certificato che attesti l’omologazione di tale tipo di componente né da informazioni sull’effettiva esistenza di tale omologazione, a condizione che tali atti normativi prevedano una siffatta omologazione.
2) Gli articoli 60 e 62 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, devono essere interpretati nel senso che: alla luce della definizione del termine «costruttore» di cui all’articolo 3, punto 27, della direttiva 2007/46, essi ostano a che un ente aggiudicatore, nell’ambito di una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, possa accettare, come prova dell’equivalenza dei componenti contemplati dagli atti normativi di cui all’allegato IV alla direttiva 2007/46 e proposti dall’offerente, una dichiarazione di equivalenza rilasciata dall’offerente stesso, quando quest’ultimo non può essere considerato come il costruttore di tali componenti.”.
Pertanto, “tali componenti possono essere venduti o messi in circolazione, conformemente all’articolo 28, paragrafo 1, e all’articolo 19, paragrafo 1, di tale direttiva, solo se sono stati oggetto di una siffatta omologazione” (par. 77).
Riguardo alla seconda parte della prima questione pregiudiziale, la Corte di giustizia ha poi evidenziato che le nozioni di «omologazione» e di «equivalenza» hanno contenuti diversi: l’una certifica, a seguito dei controlli appropriati effettuati dalle autorità competenti, che “un tipo di componente è conforme alle prescrizioni della direttiva 2007/46, comprese le prescrizioni tecniche contenute negli atti normativi di cui all’allegato IV a tale direttiva”; l’altra attesta che un componente “abbia le stesse qualità di un altro componente, a prescindere dal fatto che quest’ultimo sia stato o meno omologato”. Pertanto, le relative prove, di omologazione e di equivalenza, non sono “intercambiabili”: sicché, per i componenti per cui la direttiva comunitaria 2007/46 prevede l’omologazione ai fini della vendita e messa in circolazione, “la prova dell’avvenuta omologazione non può essere sostituita da una dichiarazione di equivalenza resa dall’offerente”.
Pertanto, se la direttiva 2007/46 richiede, in considerazione dei predetti obiettivi di sicurezza stradale e tutela ambientale, l’omologazione di taluni ricambi per veicoli, tale requisito diviene imprescindibile e non può essere eluso richiamando la direttiva 2014/25 e le modalità della prova di equivalenza ivi disciplinate.