Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Campania, sentenza n. 498 del 23 agosto 2023
Ritiene il Collegio che le attività compiute dalla convenuta non possano rientrare nelle deroghe al regime autorizzatorio previste dalla normativa vigente, trattandosi non già di mere collaborazioni e consulenze scientifiche, liberamente esercitabili, ma di veri e propri incarichi professionali soggetti all’obbligo di preventiva autorizzazione, pena il riversamento in favore dell’Ateneo di appartenenza dei compensi guadagnati all’esterno.
In relazione ai citati incarichi, nessun dubbio sussiste sull’an o sul quantum, giusta la considerazione che la convenuta ha svolto attività libero professionale non autorizzata in contrapposizione a tutto l’ordito normativo primario che governa la materia e di cui s’è dato conto (art. 60 del d.P.R. n. 3/57; art. 11 del d.P.R. n. 382/1980; art. 53, comma 7 del D.lgs. n. 165/01; art. 6 della L. n. 240/10 c.d. Gelmini).
Né può essere condivisa la tesi della difesa, secondo cui le attività espletate e non autorizzate dovrebbero ritenersi consentite alla stregua dell’art. 6, comma 10, della c.d. legge Gelmini, la quale ha inteso liberalizzare le attività di consulenza e di collaborazione scientifica.
Come già evidenziato, secondo la giurisprudenza maggioritaria, il comma 10 dell’art. 6 della legge n. 240 del 2010, nel fare l’elenco delle attività liberamente espletabili, “utilizza binomi copulativi, ovvero locuzioni composte da due parole appartenenti alla medesima categoria e unite dalla congiunzione “e” in relazione di uguaglianza e quasi – uguaglianza tra i due termini”, sicché “ogni singolo termine del binomio si pone in rapporto di specificazione, completando il significato del termine ad esso collegato” (Sez. Giur. Emilia – Romagna, sent. n. 37/2015). Ne consegue che l’attività di “consulenza” non è diversa dalla “collaborazione scientifica” e non può assolutamente tradursi in attività libero – professionale, ma deve essere intesa come “consulenza scientifica”. Diversamente argomentando, “il divieto sarebbe facilmente aggirabile, per i professori a tempo pieno, mediante l’indicazione come mere consulenze di incarichi che, invece, hanno natura libero – professionale” (Sez. I Centr. App., sent. n. 80/2017).
In altri termini, la previsione dev’essere interpretata “alla stregua del divieto di svolgere attività libero – professionali senza previa autorizzazione”. Ne consegue che, ove le consulenze non rientrassero “nelle attività di collaborazione scientifica di cui costituiscono una attività strumentale, esse finirebbero per riassorbire la maggior parte delle attività libero – professionali soggette a ben diverso regime nel caso di professori a tempo pieno” (Sez. II App., sent. n. 82/2019). (Corte dei conti, CALABRIA, SENTENZA n. 376 del 27/10/2020)