Il nuovo codice dei contratti pubblici si è premurato di dare una definizione di “colpa grave” ai fini della responsabilità amministrativa, ma tale nuova definizione, piuttosto che chiarire, sembra complicare l’applicazione delle norme.
Com’è noto, il dl 76/2020 ha introdotto una norma transitoria (fino a luglio 2021, più volte prorogata e ad oggi valevole fino a giugno 2024) chiamata “scudo erariale” o “scudo contabile”, che in sintesi esclude il danno erariale nel caso di colpa grave commissiva (cfr https://iusmanagement.org/2020/07/18/la-riforma-del-danno-erariale-e-un-elogio-dellincompetenza-e-dellinettitudine/ e https://iusmanagement.org/2023/02/16/la-corte-dei-conti-ribadisce-lo-scudo-contabile-non-e-funzionale-ne-costituzionalmente-legittimo-non-vi-e-potere-senza-responsabilita/ )
Al di fuori della norma eccezionale citata, la colpa grave costituisce per la responsabilità amministrativa la soglia minima di punibilità; è definita dalla giurisprudenza ricorrendo a locuzioni quali la “macroscopica violazione normativa”, ovvero “l’inosservanza delle più elementari regole di buon senso e prudenza”, o “la sprezzante trascuratezza dei propri doveri” (Enrico Amante, L’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa nella prospettiva delle scienze comportamentali, in Rivista della Corte dei Conti 3/2022).
Quindi, anche a fronte di un giudizio di colpa (o di illecito), da parte dello stesso giudice o di altro giudice, la valutazione della colpa nel grado di “lieve” escluderebbe la condanna del soggetto agente.
Per fare degli esempi, si è esclusa la colpa in caso di malpractice medica, riconosciuta in sede civile, ma in concreto non addebitabile come colpa grave al sanitario per via della complessità del caso (https://iusmanagement.org/2021/04/09/in-caso-di-malpractice-medica-in-sede-civile-e-rilevante-la-colpa-lieve-in-sede-contabile-solo-la-colpa-grave/), oppure è stata esclusa la colpa grave nel caso in cui lo stesso comportamento dell’amministrazione abbia indotto in errore il dipendente pubblico (https://iusmanagement.org/2020/10/01/e-escluso-il-danno-erariale-quando-e-lamministrazione-che-induce-in-errore/)
Il nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023), invece, all’art. 2 comma 3 stabilisce che ai fini della responsabilita’ amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonche’ la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza ..
Dal testo sembra potersi enucleare una definizione normativa di “colpa grave”, che si riscontrerebbe in caso di:
- violazione di norme di diritto
- palese violazione di regole di prudenza, perizia, diligenza
Quindi il legislatore avrebbe (condizionale d’obbligo) deciso di collegare la “colpa grave” alla semplice violazione di norme di diritto, mentre per le regole di prudenza sarebbe necessaria una “palese violazione”.
Sembrerebbe quindi delinearsi un’automatica qualificazione della colpa come grave ogni qualvolta vi sia una violazione di una norma “di diritto”, perfino derivante da fonti secondarie (p.es. regolamenti).
Ecco che, quindi, la responsabilità amministrativa al momento è declinata in tre forme, diverse secondo l’elemento soggettivo richiesto:
- responsabilità per fatti o omissioni dannosi commessi almeno con colpa grave (art. 1 l 20/1994) (escludendo solo la colpa lieve)
- responsabilità per fatti commessi con dolo (art. 21 dl 76/202) tra il 22 giugno 2020 e il 30 giugno 2024 (escludendo la colpa grave)
- fatti disciplinati dal codice dei contratti pubblici posti in essere in violazione di una “norma di diritto”, qualificando automaticamente tale violazione come colpa grave (d.lgs. 36/2023) (dal 1° luglio 2023)
Il legislatore potrebbe avere presupposto che il rispetto delle “norme di diritto” sia sempre esigibile da un funzionario pubblico legittimato a rappresentare l’amministrazione all’esterno, per cui un comportamento al di sotto degli standard minimi potrebbe essere qualificato di per sè come “colpa grave”.
Purtroppo non ci viene in soccorso neanche la relazione di accompagnamento redatta dal Consiglio di Stato, che, in merito alla disposizione citata, si limita ad affermare che “Per questo, in coerenza con l’obiettivo, sotteso al principio della fiducia di valorizzare la discrezionalità del dipendente pubblico, la norma in esame ricollega la colpa grave esclusivamente alla violazione delle norme di diritto, degli auto-vincoli, nonché alla palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza”
Forse si voleva evitare che la violazione di atti di tipo interpretativo (circolari, pareri, linee guida, FAQ, ecc…) potesse essere determinante ai fini dell’attribuzione della responsabilità amministrativa, circoscrivendo la violazione rilevante solo alle “norme di diritto”, cioè ai soli atti che possono essere qualificati come “fonti del diritto”, o meglio come fonti di produzione (gli atti e i fatti giuridici abilitati a creare diritto oggettivo); se era questo l’intento, però, di certo il legislatore non ha brillato per chiarezza.
Di sicuro, tale norme è di difficile coordinamento proprio con quella dello “scudo erariale”, poichè non soccorre nè il principio di “specialità” (entrambe le norme sono speciali, una perchè derogatoria, l’altra perchè valida solo per i contratti pubblici), nè il principio di successione temporale (il d.lgs. 36/2023 è successivo al dl 76/2020, che, però, indica un termine finale esplicito successivo a quello di entrata in vigore del primo).
Sarà quindi interessante verificare l’interpretazione che sarà data in concreto dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti, ma, sicuramente, ancora una volta l’incertezza normativa potrebbe costituire un freno all’attività amministrativa, proprio ciò che il legislatore voleva evitare con norme improntate alla speditezza, al “fare” e orientate al raggiungimento dell’obiettivo.