TAR Lazio, ordinanza 17553 del 24 novembre 2023
Le disposizioni normative di cui trattasi appaiono violare gli art. 3 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), sotto il profilo dell’affidamento, della ragionevolezza e dell’irretroattività.
L’art. 9- ter non ha consentito alle aziende fornitrici di individuare in modo chiaro e preciso la prestazione economica loro richiesta in concreto in sede di gara,
La giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea afferma costantemente che il principio della certezza del diritto esige che una normativa che possa comportare conseguenze svantaggiose per i privati sia chiara e precisa e che la sua applicazione sia prevedibile per gli amministrati (Corte, Terza sezione, del 12 dicembre 2013, Test Claimants in the Franked Investment Income Group Litigation, in C- 362/12 e Corte, Grande Sezione, del 7 giugno 2005, Vereniging voor Energie, Milieu en Waterin, in C-17/03, ma anche Corte, Terza Sezione, sentenza 10 settembre 2009, Plantanol GmbH & Co. KG, in C-201/08).
È da rilevare, che il comma 8 dell’art. 9-ter, nella sua versione originaria, vigente sino al 31 dicembre 2018, disponeva che “Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 settembre di ogni anno, è certificato in via provvisoria l’eventuale superamento del tetto di spesa a livello nazionale e regionale …”.
Tuttavia, tale disposizione è rimasta lettera morta atteso che sino al 2022 non è stata effettuata alcuna verifica sui tetti di spesa.
Tale previsione normativa, intervenuta nel 2022 e volta a definire il tetto di spesa regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, appare violativa dei profili dell’affidamento, della ragionevolezza e dell’irretroattività, atteso che va ad incidere su rapporti contrattuali già chiusi, le cui condizioni contrattuali si erano cristallizzate nei contratti già da tempo conclusi tra le parti.
La norma in esame appare altresì in contrasto con i parametri costituzionali di cui all’articolo 23 Cost.
Il prelievo economico disposto sul fatturato delle aziende fornitrici può essere inquadrato nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge senza la volontà della persona destinataria, di cui all’art. 23 Cost., non avendo invece natura tributaria.
La destinazione difatti resta quella sanitaria atteso che garantisce il mantenimento dei prelievi economici –disposti anche attraverso la compensazione – all’interno del SSR (cfr. il co. 9-bis dell’art. 9-ter del d.l. n. 78 del 2015, conv. in l. n. 125 del 2015, introdotto dal d.l. n. 115 del 2022 che dispone che “Le regioni e le province autonome effettuano le conseguenti iscrizioni sul bilancio del settore sanitario 2022…”).
Tuttavia si tratta di un’imposizione patrimoniale adottata in assenza della previsione a livello legislativo di “specifici e vincolanti criteri direttivi, idonei ad indirizzare la discrezionalità amministrativa nella fase di attuazione della normativa primaria” (sentenza Corte cost. n. 83 del 2015).
Invece la norma censurata non è contenuta in un arco temporale predeterminato, né il legislatore ha provveduto a corredarla di strumenti finalizzati a verificare il perdurare della necessità di una siffatta compartecipazione, determinando conseguentemente un’imposizione strutturale, da applicarsi a partire dal 2015, senza limiti di tempo.
Il presente giudizio va quindi sospeso, con trasmissione, ai sensi dell’art. 23 della l. n. 87/1953, degli atti alla Corte costituzionale, affinché decida della questione di legittimità costituzionale che, con la presente ordinanza, incidentalmente si pone