Per il calcolo del valore pro-capite della fondo della contrattazione integrativa, bisogna considerare anche il personale a tempo determinato (compreso quello ex art. 110 TUEL)

Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 18/2023/QMIG


La questione di massima all’esame di questa Sezione ha origine da una richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Genova. In particolare, l’ente ha chiesto di conoscere l’avviso della Corte rispetto al seguente quesito: «se sia possibile, tenuto conto di quanto precedentemente esposto, considerare, ai fini dell’applicazione della norma de qua, anche il personale assunto ai sensi dell’articolo 110 TUEL».
Al riguardo, l’ente interessato ha sottolineato che «il Ministero dell’economia e delle finanze, Ragioneria generale dello Stato, nel parere n. 179877 del 1° settembre 2020, reso alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ha ritenuto che dev’essere preso in considerazione, ai fini dell’adeguamento del fondo per il trattamento accessorio, unicamente il personale assunto con contratto a tempo indeterminato, escludendo, diversamente dai conteggi suggeriti per la valorizzazione del valore medio pro capite dell’anno 2018 (dalla stessa Circolare ministeriale), il personale assunto a tempo determinato».


Ai fini della soluzione del quesito all’esame, infatti, rileva l’ultimo periodo dell’articolo 33, comma 2, dello stesso decreto-legge n. 34 del 2019. Esso mira a conciliare l’ampliamento del personale negli enti interessati con la tendenziale invarianza dell’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio, peraltro già oggetto di specifici ampliamenti settoriali.

Occorre rilevare, ai fini della risoluzione della questione posta, che, in ragione della scarsa sistematicità della norma, la sua interpretazione presenta indubbiamente aspetti controversi che non consentono, partendo dal solo dato letterale, di propendere per la portata più ampia invocata nell’ordinanza di remissione o, al contrario, per quella più ristretta. Pertanto, la risoluzione della questione rende necessario avvalersi di criteri ermeneutici logici e sistematici.
Al riguardo, va premesso che, sotto il profilo logico, la giurisprudenza interna e quella, primaziale, della Corte di giustizia dell’Unione europea, hanno da tempo valorizzato la direttiva 1999/70/CE, di recepimento dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (clausola 4, punto 1). Essa ha affermato il principio di non discriminazione tra rapporti di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato, ivi compresi quelli pubblici (v. da ultimo ordinanza del 18 maggio 2022 -causa C 450/21): di conseguenza tale quadro «richiede che situazioni comparabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (v., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, C 574/16, EU:C:2018:390, punto 46 e giurisprudenza ivi citata)» e che, in particolare, tale principio comporta di evitare «differenze di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in situazioni comparabili».


In particolare, è da osservare che entrambe le categorie di personale concorrono alla ripartizione dei fondi per la contrattazione integrativa previsti dal contratto collettivo nazionale di riferimento (articoli 1, 61 e 79 del CNNL Comparto Funzioni locali del 16 novembre 2022; articoli 1, 43 e 57 del CCNL Area dirigenti Funzioni locali del 17 dicembre 2020) e che partecipano dei detti emolumenti accessori.
In considerazione della sostanziale omogeneità dei trattamenti risulterebbe paradossale che una determinata categoria di personale rientrasse tra i soggetti che partecipano agli impieghi del fondo per il trattamento accessorio ma non tra quelli che possono incrementarlo.


La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulla questione di massima sollevata dalla Sezione regionale di controllo per la Liguria con deliberazione n. 115/2023/QMIG ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131, enuncia il seguente principio di diritto:
«Ai fini dell’applicazione dell’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2019 n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019 n. 58, per garantire l’invarianza del valore medio pro- capite dell’apposito fondo per la contrattazione decentrata integrativa, deve essere preso in considerazione non solo il personale dirigenziale a tempo indeterminato, ma anche quello a tempo determinato e, in particolare, il personale dirigenziale assunto ai sensi dell’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, sia nell’anno base che in quello di applicazione del limite».

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