Consiglio di Stato, ordinanza n. 161 del 4 gennaio 2024
L’appellante principale X, invocando la generale regola della necessaria continuità nel possesso dei requisiti di partecipazione per tutta la durata della procedura di gara, assume che nella specie Y avrebbe conclamatamente perduto il requisito della regolarità fiscale in corso di gara, senza che la stazione appaltante ne abbia preso atto e assunto le necessarie determinazioni in punto di esclusione della stessa Y dalla procedura selettiva.
In contrario, Y e ARIA S.p.a. richiamano in prima battuta il consolidato indirizzo giurisprudenziale che esclude ogni facoltà per la stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni rilasciate dalle autorità competenti (nella specie, l’Agenzia delle Entrate), le quali fanno fede della regolarità dell’operatore economico sotto il profilo fiscale: nella specie, l’assenza di irregolarità rilevanti sarebbe stata accertata – per l’appunto – attraverso le anzi dette certificazioni, acquisite dalla stazione appaltante in plurimi momenti della procedura (e, da ultimo, in sede di verifica sul possesso dei requisiti prima dell’aggiudicazione).
Tale contrasto di posizioni disvela, ad avviso del Collegio, un possibile punto di frizione applicativa tra i ricordati orientamenti interpretativi, tale da indurre a sollecitare l’intervento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato.
Più specificamente, Y si richiama al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, nelle gare pubbliche, le certificazioni relative alla regolarità contributiva e tributaria delle imprese partecipanti, emanate dagli organi preposti, si impongono alle stazioni appaltanti che non possono in alcun modo sindacarne il contenuto, non residuando alle stesse alcun potere valutativo sul contenuto o sui presupposti di tali certificazioni; spetta, infatti, in via esclusiva all’Agenzia delle entrate il compito di dare un giudizio sulla regolarità fiscale dei partecipanti a gara pubblica, non disponendo la stazione appaltante di alcun potere di autonomo apprezzamento del contenuto delle certificazioni di regolarità tributaria, ciò al pari della valutazione circa la gravità o meno della infrazione previdenziale, riservata agli enti previdenziali” (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 4 maggio 2012, n. 8; id., sez. III, 18 dicembre 2020, n. 8148; id., sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682).
Ma, a fronte di tale consolidato orientamento, è vero che la giurisprudenza ha enunciato un ulteriore consolidato principio (dall’Adunanza plenaria nella sent. 20 luglio 2015, n. 8), riveniente dalla richiamata regola – invocata dall’appellante principale X – secondo cui, “proprio perché la verifica può avvenire in tutti i momenti della procedura (a tutela dell’interesse costante dell’Amministrazione ad interloquire con operatori in via permanente affidabili, capaci e qualificati), allora in qualsiasi momento della stessa deve ritenersi richiesto il costante possesso dei detti requisiti di ammissione; tanto, vale la pena di sottolineare, non in virtù di un astratto e vacuo formalismo procedimentale, quanto piuttosto a garanzia della permanenza della serietà e della volontà dell’impresa di presentare un’offerta credibile e dunque della sicurezza per la stazione appaltante dell’instaurazione di un rapporto con un soggetto, che, dalla candidatura in sede di gara fino alla stipula del contratto e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale, sia provvisto di tutti i requisiti di ordine generale e tecnico-economico-professionale necessari per contrattare con la P.A (…). E tale specifico onere di continuità in corso di gara del possesso dei requisiti, è appena il caso di rilevarlo, non solo è del tutto ragionevole, siccome posto a presidio dell’esigenza della stazione appaltante di conoscere in ogni tempo dell’affidabilità del suo interlocutore “operatore economico” (e dunque di poter monitorare stabilmente la perdurante idoneità tecnica ed economica del concorrente ), ma è altresì non sproporzionato, essendo assolvibile da quest’ultimo in modo del tutto agevole, mediante ricorso all’ordinaria diligenza, che gli operatori professionali devono tenere al fine di poter correttamente insistere e gareggiare nel concorrenziale mercato degli appalti pubblici; il che significa, per quanto qui ne occupa, garantire costantemente la qualificazione loro richiesta e la possibilità concreta della sua dimostrazione e verifica (…)”.
Il Collegio non può, dunque, non rilevare che l’applicazione contestuale dei richiamati indirizzi è suscettibile di condurre, in vicende come quella qui all’esame, a conclusioni suscettibili di contraddire o l’uno o l’altro degli indirizzi medesimi (e, quindi, di determinare contrasti o incertezze di giurisprudenza).
Non è, anzitutto, chiaro, in particolare, se esista sempre un obbligo del concorrente di informarsi, e soprattutto di informare tempestivamente la stazione appaltante, su tutte le situazioni di irregolarità fiscale o contributiva che dovessero sopravvenire in corso di gara; e se, per converso, sussista ininterrottamente un obbligo per la stazione appaltante di verificare l’eventuale esistenza di irregolarità (mediante l’acquisizione di certificazioni dell’Agenzia delle entrate anche riflettenti la posizione “storica” dell’operatore), in ogni fase della procedura di gara, atteso che l’affermazione giurisprudenziale secondo cui la verifica “può” avvenire in ogni momento della procedura di gara non implica necessariamente che la stessa “debba” essere condotta in relazione ad ogni momento e con le richiamate modalità.
Infine, nell’ipotesi in cui dovesse riaffermarsi la sufficienza di un accertamento “puntuale” eseguito dalla stazione appaltante mediante l’acquisizione della certificazione in un determinato momento della procedura (che, di regola, coinciderà con quella della verifica delle dichiarazioni rese dal concorrente sul possesso dei requisiti di partecipazione), emerge il tema processuale se sia consentito al concorrente, il quale impugni l’aggiudicazione, di andare al di là di quanto è sufficiente per la stazione appaltante, e quindi documentare la sussistenza di irregolarità “escludenti” in un qualsiasi momento della procedura di gara diverso da quello in cui quest’ultima ha condotto le proprie verifiche, con il conseguente dovere del giudice di accertare l’illegittimità dell’aggiudicazione e annullarla.
10. Vanno dunque rimessi all’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato i seguenti quesiti:
i) se, fermo restando il principio della insussistenza di un potere della stazione appaltante di sindacare le risultanze delle certificazioni dell’Agenzia delle entrate attestanti l’assenza di irregolarità fiscali a carico dei partecipanti a una gara pubblica, le quali si impongono alla stessa amministrazione, il principio della necessaria continuità del possesso in capo ai concorrenti dei requisiti di ordine generale per la partecipazione alle procedure selettive comporti sempre il dovere di ciascun concorrente di informare tempestivamente la stazione appaltante di qualsiasi irregolarità che dovesse sopravvenire in corso di gara;
ii) se, correlativamente, sussista a carico della stazione appaltante, ferma restando la richiamata regola della sufficienza delle certificazioni rilasciate dalle Autorità competenti, il dovere di estendere la verifica circa l’assenza di irregolarità in capo all’aggiudicatario della procedura in relazione all’intera durata di essa, se del caso attraverso l’acquisizione di certificazioni estese all’intero periodo dalla presentazione dell’offerta fino all’aggiudicazione;
iii) se, in ogni caso e a prescindere dalla sufficienza o meno delle verifiche condotte dalla stazione appaltante, il concorrente che impugni l’aggiudicazione possa dimostrare, e con quali mezzi, che in un qualsiasi momento della procedura di gara l’aggiudicataria ha perso il requisito dell’assenza di irregolarità con il conseguente obbligo dell’amministrazione di escluderlo dalla procedura stessa.