Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 231 del 31 ottobre 2023
Dagli atti si evince che l’incarico “successivo” non era estraneo al primo poiché si riferiva a software diversi, ma già nell’accordo quadro non sottoscritto si faceva riferimento alla cessione delle quote sociali e si prevedeva la redistribuzione delle cariche sociali, elementi che legano, anche sotto il profilo della apparenza esterna i due incarichi.
Sarebbe stato conforme ai doveri deontologici per l’avv [RICORRENTE] astenersi dal difendere l’[CCC] in un giudizio che aveva ad oggetto questioni che non erano estranee ai rapporti tra [EEE] e l’[CCC] stesso.
La ratio dell’art. 68 va ricercata nella tutela dell’immagine della professione forense anche nella ipotesi in cui il giudizio successivamente instaurato, pur avendo un petitum diverso, scaturisca da un identico rapporto, a nulla rilevando un’eventuale differenza tra difesa formale e difesa sostanziale basata sulla distinzione tra parte assistita (recte, parte della quale si spende processualmente il nome) e cliente (recte, colui che dà l’incarico, e che normalmente paga) [cfr. sul punto, ex multis, Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 171 del 11 ottobre 2022].